martedì 11 settembre 2012

Ognibene: l'Anno della Fede opportunità per conoscere la Chiesa

La comunicazione religiosa come servizio, come risposta ai bisogni della gente. A sostenerlo è Francesco Ognibene, caporedattore di Avvenire, che ieri ha aperto i "Sabati della Comunicazione" alla Bellotta di Pontenure. L'iniziativa, giunta al secondo anno consecutivo, è organizzata dall'Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Piacenza-Bobbio, diretto da don Davide Maloberti. "Come raccontare storie di Vangelo" era il tema dell'intervento chiesto ad Ognibene, invitato assieme a Marco Livelli, amministratore delegato della Jobs. «Oggi occorre essere realisti - dice Ognibene a margine della sua relazione -. C'è una grande maggioranza, anche di cattolici, che non conosce più i fondamenti della fede». «Benedetto XVI - prosegue - nelle prime righe del documento Porta Fidei, con il quale appunto indice l'anno della Fede, evidenzia che è necessario che ciascuno di noi, Chiesa compresa, si riappropri delle nostre radici». Ancora: «Abbiamo forse dato troppo a lungo per scontato di conoscere la fede e che la sua conoscenza fosse sufficiente per considerarci uomini di fede; invece non è così». Il papa fa coincidere l'Anno della Fede con il cinquantesimo del Concilio Vaticano II, dove la Chiesa ha rilanciato la sua presenza del mondo e ripreso in mano le sue origini. «Insomma, è una grande operazione di recupero e nello stesso tempo una grande occasione» è convinto Ognibene. «Chi fa informazione nel settore religioso - osserva - deve aiutare la gente a riscoprire quello che non è un sapere astratto ma che ha a che fare direttamente con la propria vita. Rendere la fede meno emotiva e superficiale, più calata nella realtà, capace di rispondere alle grandi domande dell'uomo, mutate nel contesto sociale e culturale».

Chi comunica «deve semplificare, ma deve anche conoscere gli elementi di base del magistero, della dottrina, la lettera pastorale del vescovo. Penso che le iniziative delle parrocchie nell'Anno della Fede saranno un'occasione per tutti, giornalisti compresi, di riappropriarsi della conoscenza. Poi uno può anche non condividere, ma almeno conosce».
Una stoccata ai colleghi di certa stampa: «Nei mezzi di comunicazione di oggi viene tollerata una approssimazione nella religione che non si vede ad esempio nello sport, nell'economia, nella politica. Questa approssimazione non può continuare. Così si impedisce alla gente di conoscere una realtà che ha anche fare con la vita. E' un diritto informativo primario che non si può sottrarre alla gente che ci legge».

fed. fri.





09/09/2012 Libertà