giovedì 9 settembre 2010

La lettera del vescovo per il convegno pastorale: non abbiate paura

“Coraggio, sono io, non abbiate paura” è il tema della lettera che il vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, ha diffuso oggi alla diocesi alla vigilia del convegno pastore 2010-2011. L'appuntamento si tiene domani alla Bellotta di Pontenure e sabato nella sala degli arazzi del Collegio Alberoni. Sotto pubblichiamo il testo integrale del messaggio, diffuso dall'ufficio stampa della diocesi.


1. All’origine del pellegrinaggio, sta un invito: “Andiamo a Gerusalemme!”. Non sempre la prima reazione è di gioia, come afferma il salmo 122: “Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!”(122, 1). Spesso prevale l’esitazione davanti alla prospettiva di mettersi in cammino: vengono in mente molti interrogativi, ci assalgono anche molti dubbi. D’altronde il pellegrinaggio è sempre una scommessa che interpella la nostra fede e mette a prova le nostre forze davanti alle fatiche, prevedibili e imprevedibili. Poi, finalmente, arriva la gioia, quando il cammino è ormai intrapreso e, più ancora, quando si sta per concludere: “Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!”(versetto 2). Gli antichi pellegrini che si recavano – e si recano numerosi anche oggi – a Santiago di Compostela hanno chiamato ‘monte del gozo’, monte della gioia, la collina che, a cinque chilometri da Santiago, consente di intravedere i campanili della grande basilica di san Giacomo apostolo.
Noi non siamo giunti al monte della gioia, ma abbiamo intrapreso il pellegrinaggio della Missione popolare nonostante le perplessità e le esitazioni. Un cammino iniziato e proseguito nella fiducia in Gesù che ci invita dicendo: “Prendi il largo”. L’avventura della Missione, anche se appena iniziata, ci consente di avere in noi un po’ di quella gioia espressa dall’orante del salmo 122. Dopo un anno di cammino, a tratti anche faticoso ma sempre avvincente, possiamo riconoscere con cuore grato che lo Spirito Santo ha soffiato: molti hanno accolto l’invito e così abbiamo camminato insieme. Ne valeva la pena: è stata un’esperienza bella, motivo di speranza per il futuro delle nostre comunità. C’è un popolo in cammino, c’è una Chiesa in pellegrinaggio verso Gerusalemme, ci sono fratelli ed amici che condividono la fatica e la bellezza del viaggio missionario. Altri potrebbero essere invitati e unirsi al cammino: Gerusalemme è la casa del Signore, è la casa di tutti.

2. Per il secondo anno della Missione, ascoltiamo con rinnovata fiducia l’invito di Gesù: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”.
La Missione passa da qui: è un compito che supera le nostre scarse capacità e tuttavia possiamo andare avanti, riconoscendo che non siamo soli ma accompagnati da Colui che è presente e ci invita a vincere la paura. Se i primi passi della Missione sono stati una gioiosa sorpresa, proseguiamo il nostro cammino riconoscendo che lo Spirito del Signore Gesù ci precede, ci accompagna, ci sostiene. La Missione rinnova il mistero della Pentecoste che continua nella storia della Chiesa: per vivere e operare la Chiesa ha sempre bisogno del soffio Spirito Santo, come una barca a vela ha bisogno del soffio del vento per navigare.
Nel primo anno della Missione popolare abbiamo potuto gustare, attraverso i ritiri di zona, la bella, buona e gioiosa notizia che è il Vangelo di Gesù. Una notizia che è vita e luce, una parola che è speranza e salvezza. La gioiosa riscoperta di questa notizia sempre nuova e affascinante ci sospinge a non trattenerla per noi, ma a trasmetterla, a condividerla, a donarla. Non in modo astratto ma esistenziale: la parola di Gesù offre scorci stupendi di altri orizzonti, restituisce a ogni persona la sua libertà ed integrità, assicura il perdono che rinnova l’esistenza, aiuta a vivere con senso pieno quelle esperienze umane fondamentali che segnano la vita di ogni persona. Sentiamo perciò urgente il compito di rendere accessibile a tutti la buona notizia, partendo proprio da ciò che tutti viviamo.

3. Sappiamo di avere un Padre che non abbandona i suoi figli e che ci ama come siamo: ma non vuole lasciarci come siamo, perché desidera donarci un cuore nuovo, un cuore capace di abbracciare la vita stessa nella sua vastità e bellezza.
Sappiamo che lo Spirito non cessa di soffiare e di gridare nel cuore di tutti: “Abbà, Padre” (Rm 8, 15). Vogliamo ascoltare questo grido del nostro cuore e del cuore dei nostri compagni di viaggio.
Il Vangelo di Gesù abbraccia tutto l’umano, porta a verità il desiderio del cuore dell’uomo, libera la vita da quelle paure che la comprimono e la distolgono dalla verità, dalla pienezza. Quando il Vangelo incontra l’uomo, il cuore è trasformato in cuore di figlio. Quando la vita incontra il Vangelo, la vita diventa più grande, capace di accogliere il Dio che si è fatto vicino. Quando si fa esperienza della parola di verità i legami profondi e vitali diventano luminosi, veri. Allora scopriamo la grandezza del dono del Vangelo: l’aiuto gratuito di Gesù viene riconosciuto come insostituibile, la fede è percepita come cammino praticabile, la vita è vissuta come dono.
Da questi atti di fiducia riceve senso e slancio la Missione popolare come movimento di testimonianza e di proposta. Ma anche di ospitalità e di accoglienza di ogni persona. Le diverse esperienze rendono unica, in un certo senso, la storia di ognuno di noi. Ma tutti ci ritroviamo compagni di strada, con il medesimo carico di domande e con il bisogno di luce quando affrontiamo la sofferenza, quando viviamo l’esperienza dell’amore, quando ci impegniamo per una vita civile più autentica.

4. Le relazioni interpersonali, il dolore, l’impegno di cittadini nella comunità sono dimensioni costitutive del vivere umano e rivelatrici di senso. Eppure, paradossalmente, molte persone, proprio nel contatto vivo, e a volte anche drammatico, con queste realtà, si sono smarrite, hanno perso la luce del Vangelo, si sono sentite distanti dalla comunità cristiana. Queste esperienze non possono essere lasciate a se stesse, perché significherebbe abbandonare l’uomo a se stesso, con il rischio che sopprima quel suo desiderio di cose grandi. Prestiamo attenzione a queste dimensioni perché sono vissute da tutti e perché coinvolgono la persona nella sua realtà quotidiana, come ha recentemente indicato il Convegno ecclesiale di Verona e come mostra anche la scelta dei Vescovi italiani di dedicare gli Orientamenti pastorali del prossimo decennio al tema dell’educazione. Senza trascurare le dimensioni fondamentali dell’esperienza ecclesiale (liturgia, Vangelo e carità), vogliamo mettere l’accento sugli snodi fondamentali della vita umana, sottolineando quei passaggi di vita che chiamano in causa la fede con maggiore forza ed intensità. Il Vangelo trova nel cuore della vita la sua casa e il suo dinamismo e la vita trova nel Vangelo la luce e la salvezza. In linea con tale scelta di stile pastorale, la nostra Diocesi in questo secondo anno di Missione concentrerà la sua attenzione sui legami affettivi, sull’esperienza del limite e sulla questione della cittadinanza. Questo comporta un passaggio dalla proposta organica del contenuto della fede all’accoglienza dell’esistenza umana, colta nei suoi passaggi fondamentali e illuminata dalla luce del Vangelo. Proprio questo passaggio caratterizza il cammino della Missione che vuole aprire la nostra pastorale ordinaria alla dimensione missionaria. Le nostre comunità ecclesiali si dispongono ad un esercizio concreto di ascolto sia della parola di Dio sia delle parole dell’uomo. Così, con l’aiuto dello Spirito, intendiamo realizzare il secondo anno della nostra Missione, che trova proprio nelle esperienze della vita umana l’alfabeto per comporre le parole con le quali dire a noi e al mondo l’amore di Dio e la bellezza del nostro essere figli di questo Padre che ci ama.
+ Gianni Ambrosio, vescovo

Piacenza, 9 settembre 2010