domenica 30 marzo 2008

FOTO/ I 10 anni della Casa della carità


Ecco una breve galleria fotografica della festa per il decennale della Casa della Carità tenutosi sabato pomeriggio 29 marzo nel giardino del palazzo vescovile di Piacenza. Il vescovo Gianni Ambrosio e , a destra, don Giuseppe Basini. Il vescovo Ambrosio benedice con il ramoscello d'ulivo. Il simbolo della Casa della Carità riprodotto sulla torta di compleanno.



Quando la carità genera stupore

Piacenza - Rinchiuso tra le pietre grigie del centro storico di Piacenza c’è un giardino in grado di stupire la città. È quello della casa della carità che ieri ha riempito di meraviglia lo stesso vescovo Gianni Ambrosio, stupito dalle tantissime persone - circa trecento - accorse per il decennale e, soprattutto, del grande segno che la struttura posta al primo piano di un’ala del palazzo vescovile è in grado di mostrare. «È qui che abita la carità di Dio - osserva il vescovo durante l’omelia - è qui che si osserva lo stupore della Pasqua, della presenza di Dio in mezzo all’uomo, della vita nuova che si manifesta attorno ad un progetto. Dobbiamo rendere grazie al Signore per questo dono». Il dono è, naturalmente, la Casa della Carità che ieri celebrava i suoi primi dieci anni di vita. La volle il vescovo Luciano Monari assieme al Consiglio presbiterale perché diventasse «un segno della responsabilità che la chiesa e la città hanno di accogliere le persone più in difficoltà». Poveri, disabili, persone senza più nessuno al mondo. Ed è lo stesso vescovo Monari che il suo successore, monsignor Ambrosio cita più volte nella sua omelia. Dall’altare, assieme al superiore delle Case della Carità, don Romano Zanni, al segretario vescovile don Giuseppe Basini (colui che, in questi anni, ha seguito da vicino ogni passaggio della Casa) e a due ospiti della struttura con il compito di reggere le sacre scritture e la mitria, dall’altare Ambrosio ha voluto ringraziare Monari e tutte le persone che nel tempo si sono adoperate «come in un mazzolino di fiori» perchè «è l’insieme che fa la bellezza». È stata suor Antonella, una delle due religiose della congregazione dedicata a seguire le Case della Carità, ad inizio di celebrazione, a ricordare i protagonisti di questa storia, gli ospiti, molti dei quali non ci sono più. «La nonna Ione, Corrado, Carletto, Luigi, Pino, la Tina, Luisella, Maria - cita la suora -. Poi i nostri parenti, amici e benefattori e infine don Mario, suor Maria e suor Concetta, senza i quali questa casa non sarebbe nata».Alla fine, la festa, con una maxi torta con dieci candeline e l’immagine dei tre pani, il simbolo della Casa.
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà del 30 marzo 2008