lunedì 24 gennaio 2011

The winner is ... Camminiamo Insieme

Una bella iniziativa quella di premiare i bollettini parrocchiali della diocesi di Piacenza-Bobbio! The winner is ... Camminiamo Insieme, storica voce di San Giuseppe Operaio.

(fri) Il vincitore dell'Oscar 2011 dei bollettini parrocchiali è... Camminiamo Insieme della parrocchia di San Giuseppe Operaio. Questa la motivazione della giuria composta dal vicario generale, monsignor Lino Ferrari, da don Davide Maloberti, da Fausto Fiorentini e due lettori: «Con puntualità, numero dopo numero, Camminiamo Insieme ha seguito il cammino della Missione Popolare in tutti i suoi aspetti, spaziando dagli avvenimenti diocesani a quelli di unità pastorale rivolti alle diverse età, senza trascurare riflessioni e contributi di approfondimento sul tema al centro dell'anno pastorale». A ritirare il premio ieri mattina durante la festa di San Francesco di Sales il parroco, don Giancarlo Conte che ha anche annunciato un prossimo prestigioso traguardo per il bollettino di San Giuseppe Operaio: «Quello del prossimo mese sarà il numero 400. E' frutto di sacrifici, fatica, ma noi siamo convinti che sia importante entrare in tutte le case dei parrocchiani e continueremo ad andare avanti».
Nella categoria bollettini ha avuto una menzione speciale Montagna Nostra, notiziario delle valli dell'Aveto e del Nure. La motivazione: «In una fase in cui, anche grazie alla Missione Popolare diocesana, si evidenzia sempre più il tema della collaborazione e comunione tra unità pastorali, Montagna Nostra rappresenta un prezioso strumento di collegamento tra le realtà del territorio. Attraverso il suo servizio di informazione-formazione su eventi diocesani come parrocchiali, contribuisce a tener vivi i legami con la comunità anche in coloro che risiedono nelle zone montane solo nei mesi estivi». Al primo posto della categoria autori Maria Luisa Rapaccioli con l'articolo "Il nostro sì alla chiamata di Gesù" pubblicato proprio su Camminiamo Insieme. La motivazione: «L'articolo sviluppa il tema oggetto del concorso con uno stile scorrevole e familiare. L'evento della Missione Ragazzi è raccontato attraverso una lettura partecipata, esperienzale, che mette in luce la capacità dei bambini e dei ragazzi di coinvolgere nell'avventura della Missione anche il mondo adulto, vincendone i dubbi e le resistenze».
Seconda classificata categoria autori Annalisa Puppo con l'articolo "Oremus; ritiro spirituale al santuario di Caravaggio" pubblicato su La Collegiata, giornalino della parrocchia Santa Maria Assunta a Borgonovo. La motivazione: «L'articolo sa rendere uno spaccato di vita interparrocchiale maturato nel cammino della Missione Popolare, soffermandosi tanto sui contenuti spirituali della giornata quanto su quelle "note di colore" utili ad illustrare i legami che un ritiro può contribuire a creare tra le persone, di età e realtà differenti».


23/01/2011 Libertà

La stampa dia voce a chi non ce l'ha

(fri) L'Ordine dei giornalisti stringe le maglie e blocca le porte, ad esempio, a coloro che scrivono redazionali pubblicitari, ma dà anche una stretta sulla legge 150 del 2000, sui responsabili degli uffici stampa degli enti pubblici che devono essere iscritti all'Ordine, cosa che spesso oggi non accade. Sono alcune delle linee programmatiche per il 2011 che si è dato l'Ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna e che vengono spiegate dalla vice presidente, la piacentina Carla Chiappini. Un'intervento appassionato, il suo, che ha aperto la festa di San Francesco di Sales, nella curia di Piacenza. Un intervento che, dopo aver posto l'attenzione, tra l'altro, sulla necessità di una maggior tutela dei minori - «la gente oggi è molto sensibile a tale argomento» -, ha messo in evidenza il ruolo di educatore del giornalista. «Penso che il giornalista possa essere definito come un operatore culturale - afferma Carla Chiappini -. Dunque dobbiamo pensare ad una una formazione permanente, come gli avvocati, e restituire dignità ad una professione che se la merita». A questo proposito sono stati annunciati momenti formativi per la stampa e per i lettori in collaborazione con Ordine, Associazione stampa Emilia Romagna e il settimanale diocesano Il Nuovo Giornale.
"Dare voce a chi non ha voce" l'interessante documento di Fausto Fiorentini donato quest'anno ai giornalisti assieme al libretto sulla vita di Giuseppe Berti. Nel suo intervento il direttore dell'Ufficio stampa della diocesi di Piacenza-Bobbio si sofferma sulla necessità, per il mondo dei media, di dare voce agli ultimi: i malati, gli anziani, i bambini. Una riflessione corredata da precisi riferimenti alla deontologia professionale ma anche ad una deontologia che non proviene da carte di settore bensì dalla legislazione più alta che ha regolato in questi ultimi 150 anni l'Italia e gli italiani: dallo Statuto Albertino alla Costituzione della Repubblica. Una riflessione che si inserisce perfettamente nel cammino della Missione Popolare diocesana che quest'anno, nella sua seconda fase, ha come oggetto, tra l'altro, l'ambito sociale della fragilità umana. «Il giornalista - si augura Fiorentini - dovrebbe tornare a guardare questi casi quotidiani con rinnovata voglia di capirli. Forse scoprirebbe che spesso vi sono gli estremi per raccontarli. Ovviamente qui sono in gioco la sensibilità, la creatività e la disponibilità dell'operatore della comunicazione, ognuno con gli strumenti specifici del suo settore».


23/01/2011 Libertà

Ambrosio alla stampa: abbiate cura delle persone

«Comunicare è sempre educare». Lo ricorda il vescovo Gianni Ambrosio nella sala degli affreschi della Curia dove ieri mattina (sabato 22 gennaio) ha ricevuto i giornalisti piacentini in occasione di San Francesco di Sales, patrono della stampa. Un'occasione per ringraziare i media locali «per l'importante lavoro che svolgono» dice Ambrosio, ma anche e soprattutto per ricordare che alla Chiesa sta a cuore il mondo della comunicazione «per la rilevanza imponente nell'educazione», come recita il numero 51 degli Orientamenti pastorali della Cei fino al 2020. In sala, oltre a numerosi giornalisti e collaboratori dei vari media piacentini, anche il direttore di Libertà, Gaetano Rizzuto, il presidente dell'Associazione stampa Emilia Romagna (Aser), Camillo Galba, la vice presidente dell'Ordine regionale dei Giornalisti, Carla Chiappini, il direttore dell'Ufficio stampa della diocesi, Fausto Fiorentini, sacerdoti giornalisti come il direttore de il Nuovo Giornale, don Davide Maloberti, il parroco di San Giuseppe Operaio, don Giancarlo Conte, il responsabile del Servizio diocesano multimedia per la pastorale, don Riccardo Lisoni.
Il vescovo Ambrosio inizia con una sorta di premessa che coinvolge personalmente i giornalisti. «Si comunicano le notizie, le informazioni, le nozioni, i fatti della vita - osserva - ma alla fin fine la comunicazione è sempre da una persona ad un'altra persona o a molte persone. In qualche modo, pur attraverso molte mediazioni e mezzi assai diversi, si comunica sempre qualcosa di sé a un'altra persona, si racconta sempre qualcosa di sé, e si coinvolge l'altro nel proprio racconto. E l'altro accoglie sempre qualcosa che proviene da un'altra persona». «Se si riconosce che la comunicazione avviene tra persone - continua - allora la comunicazione dovrebbe sempre ‘educare', nel senso di aiutarci a crescere come persone, altrimenti non vi è comunicazione».
Un atteggiamento per vari motivi distante dalla realtà odierna. Il vescovo lo sa e chiama in campo gli orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-2020 dove «si prende atto della enorme possibilità di contatti: "La tecnologia digitale, superando la distanza spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la possibilità di informarsi, di partecipare e di condividere"». «Subito però - prosegue Ambrosio - si aggiunge: "anche se rischia di far perdere il senso di prossimità e di rendere più superficiali i rapporti". Per cui le possibilità sono grandi, ma incombe il rischio di superficialità dei rapporti e del venir meno della prossimità». «Si evidenzia poi - sottolinea - ciò che i processi mediatici compiono, e cioè danno forma alla realtà, la presentano secondo il loro punto di vista e secondo le possibilità del loro strumento, e poi arrivano all'esperienza delle persone, fino a influire sulla loro esperienza».
Poi il documento Cei offre tre consigli: «Il primo è quello di educare alla conoscenza e all'uso dei media... Ma questo non basta: occorre anche tutelare i soggetti più deboli: l'infanzia, ma non solo».
«Infine anche in questo campo, l'impresa educativa richiede un'alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette». Come esempio di questa alleanza il vescovo cita l'ambito dell'università: «La questione dell'educazione e della comunicazione convergono ormai da tempo come discipline - scienze della educazione e scienze della comunicazione - che vogliono porsi al servizio dell'educare e del comunicare. Così è nata, come movimento che viene dalla base, prima nei paesi anglofoni e poi anche in Italia, la Media Education, un movimento pedagogico e comunicativo che si è fatto carico della integrazione curricolare dei media nella scuola, come risposta alle esigenze della cultura massmediale, della vita individuale e sociale». Per Il vescovo si può agire su due versanti: «Il primo è un intervento educativo da parte dei genitori e della scuola. Non solo. Tutti devono avere una certa "cura educativa". Anche chi comunica, chi è nel mondo della comunicazione e anche della pubblicità. La cura della relazione in cui si manifesta la preoccupazione per l'altro non può essere assente nel momento in cui si entra nel mondo dei media. L'attenzione verso l'altro nell'esercizio del comunicare è basata sul fatto di riconoscere l'altro come soggetto: ma se non lo riconosco come soggetto, non riconosco me stesso come soggetto. Se l'altro è una cosa, anch'io sono una cosa. E non è bello né per me né per l'altro».
Federico Frighi


23/01/2011 Libertà