martedì 18 dicembre 2012

Scola: serve una generazione nuova di politici

«C'è bisogno di una generazione sempe rinnovata di politici, un bisogno che definirei permanente. I cattolici dovrebbero avere il senso della dimensione di questo impegno secondo me in maniera ancora più accentuata perchè la Chiesa deve continuare quell'offerta di sè all'umanità che Gesù ha voluto fosse la sua vocazione propria». E' la serata della Gaudium et Spes e il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, prima della lectio magistralis nel duomo di Piacenza, non si sottrae ad una riflessione che rappresenta poi una conseguenza dell'attualità della costituzione con cui il Concilio Vaticano II ricorda la missionarietà della Chiesa nel mondo.


«Nella Gaudium et Spes è spiegato il senso della vita dell'uomo in tutte le varie implicazioni relative alle questioni degli affetti, del lavoro, del riposo - continua il porporato -. Sono proposte le conseguenze sociali di un impegno serio della vita e addirittura sono già accennati i problemi del rapporto con il creato. Una iniziativa come quella di questa sera penso sia veramente preziosa».

Di fronte ad un duomo gremito è il vescovo Gianni Ambrosio a presentare il cardinale Scola invitato a Piacenza per parlare di una delle quattro costituzioni del Concilio Vaticano II nell'ambito delle iniziative nel cinquantesimo dell'apertura. Evidenzia come la lectio magistralis arrivi nell'anniversario della morte di San Savino, contemporaneo di Sant'Ambrogio.

Scola ringrazia e ricorda come all'inizio degli anni Settanta fosse quasi un habitué a Piacenza, chiamato dall'allora vescovo Enrico Manfredini per l'aggiornamento del clero.
«La Gaudium et Spes è una costituzione pastorale diventata l'emblema del Concilio Vaticano II» esordisce il cardinale. Cita papa Benedetto XVI quando il Santo Padre, a proposito della costituzione conciliare, si sofferma sulla parola "aggiornamento". «Aggiornamento non significa rottura o adeguamento - sottolinea - ma il fatto di dover portare l'oggi del nostro tempo nell'oggi di Dio».
La Gaudium et Spes è essenzialmente una costituzione pastorale, «termine legato alla natura salvifica e sacramentale di Gesù Cristo - ci tiene ad evidenziare -. Noi invece l'abbiamo relegato all'ecclesialese, facendo pensare che pastorale sia una cosa che riguarda i preti. I tratti di questa indole storico salvifica sono richiamati nella seconda parte, negli argomenti che vanno dal matrimonio alla politica. Tutto il Concilio è ancora un cantiere a cui occorre mettere mano in continuazione».
Scola indica quattro chiavi di lettura della costituzione conciliare. La Chiesa come soggetto storico: «La Chiesa è come un ellissi che ha due fuochi insuperabili: Gesù Cristo e la sua missione, il mondo nel quale è immersa e in cui è continuamente inviata. Chiesa e mondo sono comei due poli di una calamita».
Poi il tema del dialogo. Tre i grandi nodi: «Il desiderio di riuscire a parlare con tutti, il rapporto con la modernità, la delicata relazione con Gesù Cristo (unico salvatore) e l'incoercibile libertà di ogni uomo».
Terza chiave: l'uomo in Cristo. «La dimensione cristocentrica - dice Scola - consiste nel pensare adeguatamente il mistero dell'uomo avvolto dalla luce del mistero di Cristo, e Cristo stesso è la figura, lo schizzo, la silouette di ogni uomo».
La quarta chiave di lettura è il ripensamento della pastorale. «Pastorale - evidenzia Scola - ha che fare con l'azione di salvezza di Gesù. La modalità con cui Gesù, attraverso la Chiesa, viene incontro alla domanda di salvezza che ogni uomo si porta dentro».
Ma in che modo - si chiede il cardinale - la Chiesa può proporre Gesù Cristo come contemporaneo all'uomo di oggi? «È la domanda cruciale. I teologi esprimono la questione in modo tecnico: il mezzo che porta qui Gesù Cristo è la logica dell'incarnazione e la sua natura sacramentale e salvifica». «Ma andiamo più a fondo - invita il porporato -. Come si attua questa contemporeaneità nella mia vita? Tutte le circostanze e i rapporti che formano l'umana esistenza sono iscritti nella logica sacramentale del disegno del Padre. Cristo diventa contempraneo nei rapporti e nelle circostanze. È questa l'espressione della vera vocazione, la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Una Chiesa che non ha bisogno di conquistare proseliti ma è una proposta di vita». «E noi - conclude - siamo chiamati ad autoesporci nella sequela di Gesù. Siamo cristiani un pochino addormentati in questa Europa del XXI secolo. La missione è il comunicare il dono della fede».

Federico Frighi





12/12/2012 Libertà