mercoledì 26 dicembre 2007

"Il Natale vince la solitudine dell'uomo"

L'omelia dell'amministrazione diocesano di Piacenza-Bobbio,
monsignor Lino Ferrari, la notte di Natale


L’importante è che per ognuno di noi l’incontro con il Signore avvenga. Il primo segno è che la Parola proclamata la sentiamo rivolta a noi, attuale per noi.
Non è facile vivere bene il Natale. Un papà una mamma un giovane un ragazzo, in questi giorni hanno tante cose da fare, sono di corsa per le spese, per la preparazione del pranzo i doni gli auguri le vacanze…
Per viverlo bene il Natale occorre innanzitutto fermarsi: fermarsi per ascoltare la parola di Dio o ascoltare che cosa dice la memoria e il cuore davanti al Presepe; provare stupore per quanto il Signore ha fatto per noi; ringraziare, ripartire come i pastori per dare l’annuncio di quello che abbiamo visto con la vita.
Noi che siamo qui stasera ci siamo fermati, come tanti altri cristiani, in tutte le chiese, e siamo in molti. In occasione del Natale invocano la strada della chiesa anche molti che lungo l’anno non la trovano mai. È un risveglio della fede? O, come qualcuno ha detto, “una confusa speranza di riascoltare qualche buona notizia dal Cielo, dal momento che la Terra quotidianamente ci infligge la conoscenza di avvenimenti tristi e penosi”?
Non so rispondere, ma l’importante è che per ognuno di noi l’incontro con il Signore avvenga.
Il primo segno è che la Parola proclamata la sentiamo rivolta a noi, attuale per noi. Ha detto l’angelo ai pastori: «Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore».
“Vi è nato”, vuole dire: è nato per voi, quella nascita vi riguarda, quella nascita ci riguarda.
Dirà San Giovanni nel Prologo del suo Vangelo:
«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
È nato per noi un Salvatore; ma ne avvertiamo il bisogno?
Non tutti e non sempre lo avvertiamo, ma il bisogno c’è, perché l’uomo lasciato da solo è smarrito, e il mondo assomiglia ad un grande “orfanotrofio”, quando non c’è la presenza di Dio.
Ci ricorda il Papa nella recente Enciclica “Spe Salvi”:
“La speranza cristiana si fonda sulla certezza che Dio è entrato nella nostra storia e ci ha coinvolti nel suo stesso destino”.
Il Natale se è ben compreso vince la solitudine dell’uomo, ci annuncia che non solo Dio c’è, ma viene a condividere la nostra vita e ci fa “figli nel Figlio, e lo siamo realmente”. E se siamo figli di Dio siamo fratelli tra noi.
Non è la debolezza che fa più paura all’uomo, ma la solitudine. A volte la debolezza diventa anche una opportunità che apre agli altri. E se c’è attorno un clima di amore ogni sofferenza è sopportabile. Quante volte l’abbiamo constatato facendo visita ad esempio ad ammalati che sorridono, che manifestano una speranza grande che hanno dentro. La solitudine invece diventa un disagio interiore lancinante, perché l‘uomo si sente fatto per la relazione e per la comunione.
Nel nostro Mondo si sono annullate le distanze geografiche – mezzi di trasporto e di comunicazione hanno fatto del Mondo un villaggio –, ma si sono annullate a dismisura le distanze umane. Il Natale se è ben compreso vince la solitudine dell’uomo, ci annuncia che non solo Dio c’è, ma viene a condividere la nostra vita e ci fa “figli nel Figlio, e lo siamo realmente”, dirà san Giovanni, perché non restino dubbi che si tratti di una pia illusione.
E se siamo figli di Dio siamo fratelli tra noi. Se è vero devono esserci delle conseguenze visibili. Le nostre città non hanno la fisionomia di una famiglia. E non sono pochi coloro che decidono di lasciare la città per abitare in piccoli paesi, non solo per l’aria pura ma perché trovano un ambiente accogliente dove ci si conosce si dialoga ci si aiuta, ci si sente comunità.
E pensavo, quanti approderebbero nelle nostre parrocchie, nelle comunità cristiane, se fossero sempre accoglienti e fraterne.
La consapevolezza che Gesù Cristo, se tu lo vuoi, è sempre con te; la consapevolezza che la gioia annunciata ai pastori alberga dove c’è fraternità.
Qual è allora il dono che vogliamo chiedere al Signore in questo Natale? Direi un duplice dono.
Anzitutto, la consapevolezza che Gesù Cristo, se tu lo vuoi, è sempre con te. Se lo chiami ti sente, se gli parli ti ascolta, se gli chiedi aiuto ti soccorre, se ti penti ti perdona ogni colpa; questa certezza dà un respiro diverso alla vita.
Il secondo dono, la consapevolezza che la gioia annunciata ai pastori alberga dove c’è fraternità. Per un cristiano e per una comunità cristiana è una esigenza costruirla.
Ma davanti al Presepe, in questa Eucaristia davanti al Signore, noi abbiamo anche tanti motivi per ringraziare. Ringraziare per il dono della Fede: ringraziare perché siamo inseriti in questa lunga catena ‑ che è la comunità cristiana ‑ che manifesta la fede in un Dio che si è avvicinato a noi. Pensavo, iniziando l’Eucaristia, quante generazioni sono passate in questa Cattedrale a celebrare anche il Natale nella Notte Santa.
E come comunità cristiana di Piacenza-Bobbio abbiamo anche un grazie particolare da dire al Signore quest’anno per il dono del nuovo pastore, che è stato annunciato e che presto arriverà tra noi, come segno della presenza del Signore.
Buon Natale, dunque, a tutti, a voi che siete qui presenti, e anche agli assenti dalle nostre chiese ma sinceramente in ricerca del bene, in ricerca di Dio.
Buon Natale, a chi è solo perché si senta raggiunto dall’amore di Dio anche attraverso la vicinanza concreta di qualche fratello o sorella che si prende cura di lui. Con l’augurio di scoprire l’amore di Dio che nel Bambino nato a Betlemme si è reso visibile e fragile per amarci più da vicino e per essere da noi più facilmente amato.
Prima di darvi la benedizione devo rivolgervi l’augurio a nome di due vescovi.
Del vescovo Luciano, che l’ho sentito ieri al telefono e mi ha detto: “Sono presente anch’io”.
E del prossimo vescovo eletto Gianni che abbiamo salutato ieri l’altro a Milano, che ha detto di portare a tutta la comunità diocesana insieme al suo saluto anche l’augurio di buon Natale.
E l’augurio ve lo rivolgo anch’io anche a nome del parroco della Cattedrale mons. Anselmo Galvani, dei canonici, dei sacerdoti, dei diaconi e collaboratori.
Buon Natale a ciascuno di voi e alle vostre famiglie.

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.