domenica 23 dicembre 2007

La lettera di Tettamanzi per Ambrosio


Lettera alla Diocesi
per annunciare la nomina
di mons. Gianni Ambrosio
a Vescovo di Piacenza




Carissimi,
nel clima di letizia e di speranza che caratterizza le feste natalizie, si aggiunge per me e per tutta la grande Comunità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che mi è molto cara non solo come Arcivescovo della Diocesi in cui essa è sorta e ha la sua sede principale, ma anche come Presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, un ulteriore motivo di gioia. Sua Santità Papa Benedetto XVI nomina in data odierna Mons. Gianni Ambrosio, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Vescovo della Diocesi di Piacenza-Bobbio.
Sua Eccellenza Mons. Gianni Ambrosio è nato a Santhià, in provincia di Vercelli, nel 1943. Entrato a undici anni in seminario, è stato ordinato presbitero per l’Arcidiocesi di Vercelli nel 1968. Ha perfezionato la sua preparazione accademica a Parigi, presso l’Institut Catholique e la Sorbonne, dove ha ottenuto rispettivamente la licenza in Scienze Sociali e il diploma in Sociologia della Religione, e a Roma dove ha conseguito la laurea in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.
Dal 1974 è Docente Ordinario di Sociologia religiosa e di Teologia pastorale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. E’ membro della direzione della “Rivista del Clero Italiano” e della rivista “Servizio della Parola” e membro del comitato scientifico delle riviste “Vita e Pensiero” e “Teologia”.
Accanto all’attività accademica, mons Ambrosio ha assunto diversi incarichi pastorali nella sua Arcidiocesi: Vicario parrocchiale nelle parrocchie di Santhià e di Moncrivello, Insegnante di religione, Parroco della parrocchia di San Paolo a Vercelli, Direttore del settimanale diocesano “Il Corriere eusebiano”, Assistente diocesano della FUCI e dell’AGESCI e Assistente provinciale delle ACLI.
Nel 2001 mons. Gianni Ambrosio è stato nominato Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, venendo riconfermato nel 2006. Mons. Ambrosio è inoltre Consulente del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI e Assistente ecclesiastico degli Editori cattolici.
Sono certo che la ricca e molteplice esperienza maturata da mons. Gianni Ambrosio nei diversi incarichi, unitamente alle sue doti umane e sacerdotali che la Comunità dell’Università Cattolica ha potuto apprezzare in questi anni, lo rendono pronto ad assumere la responsabilità pastorale di una Diocesi significativa per tradizione e vivacità ecclesiale, quale quella di Piacenza-Bobbio.
Voglio assicurare a nome di tutti che non mancherà al neo-Vescovo, oltre che la stima e l’amicizia, la preghiera mia personale, della Comunità dell’Università Cattolica, quella della sua amata Chiesa di Vercelli e, da ora, ne sono certo, della Chiesa di Piacenza-Bobbio che lo attende come Pastore.
Auguro a mons. Gianni Ambrosio di essere ancora di più nel suo nuovo compito, guidato dallo Spirito Santo, testimone di speranza. Quella speranza che il Santo Padre ci ha riproposto nella sua recente enciclica come una virtù tipicamente cristiana, ma anche come un dono di Dio che siamo chiamati a testimoniare e a condividere con tutti, perché – dice papa Benedetto XVI - «la speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri».



+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano

Ambrosio: occorre un progetto per i giovani

L'intervista al vescovo eletto di Piacenza-Bobbio
Ambrosio: urgente un progetto educativo

La lezione di mamma Caterina: "Bravo, ti sei meritato
la nomina a vescovo perché hai lavorato, ma il grosso l'ha fatto il Signore"

Milano - È un vescovo fantasista il centosettesimo titolare della cattedra che fu di San Vittore. Un presule che, con la maglia numero 10 della Pro Vercelli, in gioventù serviva assist ai suoi, nelle partitelle d’allenamento contro l’Alessandria di Gianni Rivera (stessa età, 64 anni, che monsignor Gianni Ambrosio compie proprio oggi). Tempi passati. Oggi tifa Juventus e prega per il Piacenza. «So che ne ha bisogno» dice nella sua prima intervista da vescovo eletto. Disponibile con tutti, sua eccellenza è un gentiluomo piemontese, fino a ieri trapiantato fra Milano e Roma, che papa Benedetto XVI° ha scelto come nuova guida della diocesi di Piacenza-Bobbio.Una nomina tanto attesa, da molti auspicata, di cui si era cominciato a parlare addirittura lo scorso mese di agosto.
«Una lunga attesa - precisa - ma una nomina accolta con spirito molto sereno, tranquillo, fa parte della nostra vita; alla fine non sta a noi scegliere ma occorre sentirsi interpellati e poi scegliere ciò che in qualche modo ci è imposto (imposto in senso buono, naturalmente). Perchè c’è un progetto che ci precede, quello di Dio su di noi, che vale per tutto; l’illusione dell’uomo moderno di decidere da solo è molto infantile. C’è la parte della decisione, della scelta, ma anche quella, assai più importante, realizzata da qualcuno che sta in alto e che tesse la trama della storia».
A Piacenza verrà una persona molto importante: mamma Caterina, 90 anni esatti. Madre e consigliere personale.
«La sono andata a trovare l’altra sera. Quando le ho comunicato la nomina mi ha detto qualcosa che non dimenticherò mai. Primo: “Ma è proprio vero?” Secondo: “Ma sei contento?” Terzo, una battuta che è un saggio di teologia. Mi ha guardato e, in piemontese, ha esclamato: "Chi l’arìa mai dilu” (chi l’avrebbe mai detto). Poi vede il mio volto un poco attonito e fa: “No, un po’ te lo sei meritato perché hai lavorato molto, ma il resto l’ha messo Dio”. Vi assicuro che questa è una lezione (gli occhi di monsignor Ambrosio si fanno lucidi, ndr.), meno male che non l’ho detta in pubblico perché sennò mi sarei commosso».«La porterò con me a Piacenza - continua -, spero di trovare qualche persona che mi aiuti a prendermi cura di lei. Lei che ha assistito i genitori, il fratello prete, mio padre Guglielmo, morto due anni fa a 97 anni». Don Gianni (come suggerisce di farsi chiamare al posto di sua eccellenza) ha anche due fratelli, uno di due anni più vecchio ed uno di sette più giovane. Il duomo di Piacenza gli è già caro. «Sulle colonne ci sono le formelle delle arti e dei mestieri - spiega perché - che hanno partecipato alla realizzazione: tra queste quelle dei conciatori, il lavoro di mio padre e di mio fratello più giovane».
Dal 1500 circa ad oggi la diocesi di Piacenza-Bobbio non ha mai avuto vescovi piemontesi. Ambrosio è il primo. Ha girato l’Italia e il mondo ma nel sangue resta sempre legato alla terra di Cavour. «Della piemontesità mi piacerebbe portare a Piacenza la concretezza - dice - il senso rigoroso della vita, l’idea di un progetto da realizzare. Anche questo penso faccia parte della storia piemontese e dunque italiana, che va al di là dei confini, degli steccati. Penso che il Piemonte abbia dato molto in questo senso e se potessimo recuperarne un po’ non guasterebbe, non solo per Piacenza ma anche per l’Italia».
La dimensione dell’ascolto e quella di un progetto educativo concreto. Così il nuovo vescovo si pone rispetto all’ingresso nella sua nuova diocesi: «I Italia abbiamo la cultura dell’orto. È importante, ma occorre andare oltre. L’ascolto del luogo, del territorio, delle sue caratteristiche è fondamentale. L’Italia è lunga, è l’Italia dei canpanili, un difetto ma anche un pregio. La seconda dimensione, quella davvero impegnativa, per un vescovo, per la chiesa, per la diocesi, per le famiglie, per voi giornalisti, è chiedersi che cosa vogliamo costruire, che cosa vogliamo realizzare. O c’è l’impegno educativo per i ragazzi o l’Italia è fallita, non si va molto lontano se non si ha uno sguardo che va oltre, uno sguardo che davvero cerca di realizzare un progetto». «La grande crisi della realtà italiana - ribadisce - è questa: di non pensare al domani. Io vorrei che l’impegno educativo fosse la preoccupazione della nostra chiesa, della nostra famiglia, io lo farò come vescovo ma è l’impegno di tutti, pena la nostra fine. Nella storia noi abbiamo dato tantissimo, oggi non stiamo più dicendo granché».
Monsignor Ambrosio sa che andrà ad “abitare” nel centro storico di Piacenza, vicino ad una zona, quella di via Roma e della stazione, che da tempo si trova ad affrontare, in modo pressante, la questione immigrazione. «Non credo che vi sia una teoria generale applicabile al problema - si dice convinto -. Penso si debbano far convergere due istanze: la prima è quella del cuore aperto e della mano amica verso chi, per tanti motivi, forse anche con molta ingenuità, con molta illusione, cerca di trovare la salvezza qui in Italia; la seconda è che, essendoci qui una società che ha la sua storia, occorre che tale storia venga rispettata da tutti». «Se io vado in india - si spiega meglio - non posso e non debbo non rispettare quei valori fondamentali che hanno fatto la storia dell’India. Saper coniugare le istanze di sicurezza, di integrazione, di accoglienza (ma anche di un certo rigore), non è così impensabile con un po’ più di buona volontà e meno ideologia, la realtà è più grande delle nostre teorie».
Federico Frighi

da Libertà, 23 dicembre 2007