venerdì 30 ottobre 2009

Morto in Kenya monsignor Pozzi, aveva 101 anni

E' morto all'ospedale Aga Kan di Nairobi (Kenya) mons. Domenico Pozzi. Nato
a Castelsangiovanni il 9 luglio 1908, è stato ordinato sacerdote il 28
febbraio 1931. E' stato insegnante in seminario, curato in Sant'Antonino e
addetto alla Curia. Arciprete a Polignano nel 1939, nel 1949 con lo stesso
titolo è passato a Cortemaggiore. Ha rinunciato alla parrocchia il 1° maggio
1977 ed è partito missionario per il Kenia, restando sempre incardinato nel
clero diocesano. Il 29 novembre 1985 è stato nominato Cappellano di Sua
Santità.
Quanto ha fatto questo sacerdote nel Paese africano è noto. Alle ore 12,30
di oggi, quando è giunta a Piacenza ha notizia della sua morte, il vicario
generale mons. Lino Ferrari (il Vescovo è in alta Val Nure per la visita ai
sacerdoti) ha dichiarato: "E' terminato il lungo e fecondo cammino terrestre
di mons. Domenico Pozzi, decano del nostro Presbiterio. Lo accompagniamo con
la preghiera fraterna e riconoscente per il bene che ha seminato con il suo
ministero e il suo esempio, nella certezza che il Signore lo ha già accolto
tra i suoi 'servi fedeli'. In data da stabilire il vescovo mons. Gianni
Ambrosio presiederà una S.Messa di suffragio a Cortemaggiore". Da quanto apprendiamo da confratelli che gli erano vicini, mons. Pozzi aveva
già predisposto perchè il suo corpo fosse tumulato nel centro missionario
africano dove ha operato per tanti anni.

Morto monsignor Domenico Pozzi

Dossier Caritas-Migrantes, l'immigrazione in Emilia Romagna

EMILIA ROMAGNA
Dossier Statistico Immigrazione 2009


L a s t o r i a d e l l ’ i m m i g r a z i o n e i n r e g i o n e
In Emilia Romagna il saldo migratorio ha cambiato segno,
nel corso degli anni ’70, grazie ai flussi migratori provenienti dall’estero che si sono concentrati,
come altrove in Italia, nelle maggiori cttà. È un fenomeno che ha interessato
soprattutto Bologna, capoluogo e prima porta d’accesso in regione per un almeno un
decennio.
I flussi in entrata erano dovuti sia a motivi di studio universitario e alla tradizionale
accoglienza nei confronti di profughi politici (in particolare da America Latina, Grecia,
Eritrea) e rappresentanti di movimenti di liberazione, sia alle prime carenze di offerta nel
lavoro domestico e di assistenza alle persone. Ma è soprattutto dagli inizi degli anni ’90
che l’immigrazione straniera è risultata funzionale nel colmare le carenze dell’offerta di
forza lavoro nei sistemi economici regionali, in particolare quelli caratterizzati dalla piccola
e media impresa. Una dinamica particolarmente attrattiva hanno giocato i distretti
industriali regionali, come quello ceramico di Sassuolo, metalmeccanico di Modena e
biomedicale di Mirandola.
La presenza di immigrati in regione si è inizialmente sviluppata lungo la cosiddetta
“ Via Emilia”, nei capoluoghi di provincia, sia in direzione di Modena e Reggio Emilia sia
in direzione della costa romagnola. Una presenza che, in breve tempo, ha coinvolto
anche i centri minori, mentre sul finire della seconda metà degli anni Novanta ha
cominciato a interessare anche i comuni dell’Appennino.
Pur in questo contesto di immigrazione diffusa, si è osservata una concentrazione sia
delle residenze sia degli avviamenti al lavoro nelle aree provinciali di Modena, Reggio e
Bologna. Le direttrici dell’insediamento possono essere spiegate dalla disponibilità di
abitazioni e dalla diffusione delle presenze industriali di piccole e medie imprese. In
ragione della prima spiegazione si osserva che spesso il comune di residenza degli immigrati
stranieri non coincide con quello di lavoro. Sin dalle prime fasi, infatti, si è delineata
una differenziazione negli insediamenti a seconda del tipo di percorso migratorio: i
nuclei familiari si concentrano prevalentemente (anche se non esclusivamente) nei centri minori,
mentre le persone senza nucleo familiare al seguito tendono a concentrarsi
nei centri maggiori.
Negli ultimi otto anni, l’incremento medio degli stranieri residenti è risultato di oltre il
17%, mentre la quota di donne immigrate ha oltrepassato quella maschile alla fine del
2008. In questi anni si è anche registrata una crescita sostenuta di bambini stranieri
nelle scuole di ogni ordine e grado.

Una p r e s enza s emp r e p iù c ons o l idata e di f f u s a

La dinamica della presenza di cittadini stranieri in regione appare chiaramente da un
dato: dal 1993 al 2008 i residenti stranieri sono passati da 43.085 a 421.482. Ciò significa,
in termini di incidenza percentuale sul totale della popolazione, che si è passati
dall’1,1% al 9,7%.
Si tratta di una presenza la cui consistenza numerica tende quindi ad aumentare.
Come è stato evidenziato in un recente rapporto regionale, “i ritmi di crescita della
popolazione straniera in Emilia-Romagna sono rallentati rispetto al boom degli anni
novanta quando gli incrementi sfioravano il 20% annuo, ma mostrano comunque valori
medi annui attorno al 10%” (vd. Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio - ER,
L’immigrazione straniera in Emilia Romagna, Bologna, Clueb, 2009, p. 10). Va aggiunto
che l’ingresso nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria ha influenzato la crescita dei
regolari ingressi di immigrati stranieri in regione.
Se si considerano i dati sui permessi di soggiorno (che non comprendono quelli scaduti
e in attesa di rinnovo) si può avere un’idea delle tendenze in atto. Al 31 dicembre
2008, su un totale regionale di 186.306 titolari di permessi di soggiorno, le province
che presentano maggiore numerosità sono quelle che hanno dimostrato, come già
detto, maggiore capacità d’attrazione: Bologna (35.305), Modena (35.291), Reggio
Emilia (34.603), che insieme totalizzano il 56,5% del totale regionale. Da tale punto di
vista, queste province confermano anche per il 2008 una presenza straniera ormai consolidata.
Ciò è confermato dal fatto che si tratta delle province in cui, nel corso di quell’anno,
il numero dei permessi rilasciati ha rappresentato il 61,3% del totale regionale
(27.103). Ciò è avvenuto con la seguente distribuzione territoriale: Bologna 6.121,
Reggio Emilia 5.699 e Modena 4.794.
A queste province del “consolidamento” della presenza straniera fanno da contraltare
quelle in cui la pressione immigratoria tende al “riequilibrio”. Sono i dati sulle residenze
a mostrarcelo, nella misura in cui registrano, rispetto a quelli sui flussi relativi ai permessi
di soggiorno, la presenza stabile degli stranieri in regione. Rispetto all’anno precedente,
nel 2008 le province in cui si è registrato un aumento dei residenti stranieri superiore
alla media regionale (15,3%) sono quelle di Ravenna (17,8%), Parma (17,5%), Piacenza
(16,6%), Ferrara (16,6%) e Rimini (16,1%). Il quadro che si chiarisce ulteriormente riferendosi
a un arco di tempo più ampio: dal 2004 al 2008, a fronte di un aumento media
regionale del 63,9%, le province che registrano valori superiori sono quelle di Ferrara
(94,7%), Ravenna (82,7%), Piacenza (76,8%), Forlì-Cesena (74,4%) e Parma (65,9%).
Al dicembre 2008, la distribuzione provinciale del totale regionale dei residenti stranieri
è così articolata: Bologna (20,6%), Modena (18,1%), Reggio Emilia (14,1%),
Parma (10,9%), Ravenna (8,7%), Forlì-Cesena (8,3%), Piacenza (7,9%), Rimini (6,2%) e
Ferrara (5,2%).

Come già rilevato, dal 2007 al 2008 la percentuale di donne sul totale dei residenti
stranieri è passata dal 49,4% al 50,1%. Ciò conferma la tendenza, già osservata alla fine
degli anni ’80, verso un riequilibrio nella composizione per genere, che soprattutto nelle
prime fasi è legato all’aumento dei ricongiungimenti familiari.
Riguardo alla composizione per nazionalità dei residenti, nel 2008 non si riscontrano
cambiamenti significativi rispetto all’anno precedente. Considerando i primi 10 paesi di
provenienza – che nell’insieme totalizzano il 68% circa del totale regionale –, al primo
posto si conferma il Marocco (circa il 15%) e a seguire troviamo ben cinque paesi
dell’Europa dell’Est: Albania e Romania (entrambi col 13% circa), Ucraina (attorno al
5%), Moldova (circa il 4%) e Polonia (attorno al 3%). Fra le altre nazionalità presenti
con quote significative troviamo la Tunisia, la Cina, il Pakistan e l’India.
Guardando al dato relativo al genere, si può notare che i paesi che presentano una
percentuale di donne superiore alla media regionale sono quelli dell’Est Europa, quali
l’Ucraina (81,2%), la Polonia (73,8%), la Moldova (68,5%) e la Romania (54%). Questo
dato permette di riferirsi all’altro fenomeno che più di recente ha contribuito al riequilibrio
di genere: l’aumento dei flussi migratori provenienti dai paesi dell’Est Europa, dovuti
sia a contingenze economiche (vedi il caso dell’Albania) sia a fattori politici (come nel
caso dei paesi dell’ex Jugoslavia e dell’ex Unione Sovietica). A complemento di tali considerazioni
va tenuto conto che, nel 2006, su un totale nazionale di 35.766 concessioni di
cittadinanza, quasi il 10% ha riguardato stranieri residenti in Emilia Romagna (in valore
assoluto 3.521). La regione si trovava al secondo posto dopo la Lombardia (quasi il
15%, pari a 5.263 casi).

L ’ i n s e r i m e n t o l a v o r a t i v o

Come si è visto, sin dall’inizio della storia regionale dell’immigrazione i lavori svolti
dagli immigrati sono risultati indispensabili sia allo sviluppo del sistema produttivo e dei
se vizi, soprattutto nel settore manifatturiero (operai generici e specializzati) e delle attività
domestiche e di cura (le cosiddette “badanti”), sia in settori come l’agricoltura e l’edilizia.
Secondo i dati dell’Inail, nel 2008 i lavoratori nati all’estero e occupati in regione
ammontano a 302.003, di cui 125.396 (il 41,5%) sono donne. Si tratta del 18,8% del
totale degli occupati; un dato di poco inferiore alla media delle regioni del Nord Est
(19,3%) e comunque superiore alla media italiana (15,5%).
La distribuzione per provincia ricalca sostanzialmente quella dell’insieme dei lavoratori,
in linea coi dati relativi alle residenze, con una maggiore concentrazione nelle province
di Bologna (22,2%), Modena (17,4%) e Reggio Emilia (11,8%), in cui nel complesso
è presente il 51,4% del totale regionale di questi lavoratori. Ravenna, Rimini e Forlì contano
presenze che oscillano intorno al 10%; valori inferiori si registrano per quanto
riguarda le province di Parma (8,6%), Piacenza (6,4%) e Ferrara (4,8%).
Guardando alla composizione per genere, la percentuale di lavoratrici sul totale degli
occupati stranieri registra valori più alti rispetto alla media regionale (41,5%) nelle province
di Rimini (54%), Ferrara (50,8%) e Ravenna (44,5%). Ciò è dovuto al fatto che in
tali realtà sono più diffuse sia le imprese nel campo alberghiero e della ristorazione sia il
lavoro stagionale nell’agricoltura, settori nei quali è sempre più presente la forza lavoro
femminile, caratterizzata soprattutto da lavoratrici provenienti dai paesi dell’Est Europa.
Questa connotazione femminile potrebbe dare conto di quanto prima osservato,
rispetto alla tendenza al “riequilibrio” delle presenze, in particolare nelle province romagnole.
In tali contesti territoriali, la presenza femminile proveniente dell’Est Europa
potrebbe anche essere il presupposto per un futuro radicamento, soprattutto nella
misura in cui ne scaturisse il ricongiungimento sia di nuclei familiari “spezzati”, dove l’altro
genitore – il padre – vive nel paese d’origine, sia di famiglie monogenitoriali costituite
da donne sole con figli.
Tali considerazioni inducono alla necessità di analizzare la dinamicità del mercato del
lavoro regionale riguardo agli inserimenti lavorativi degli stranieri. Da questo punto di
vista, dai dati Inail si osserva che in Emilia Romagna nel corso del 2008 sono stati assunti
144.588 lavoratori stranieri, quasi il 30% del totale degli assunti. Essendo state 141.681
le cessazioni del rapporto di lavoro, il saldo è stato positivo di 2.907 unità. Analoghe
considerazioni possono essere fatte per il sottoinsieme dei lavoratori nati in paesi non
comunitari (128.580 assunzioni contro 125.624 cessazioni).
Anche la distribuzione territoriale dei lavoratori stranieri che nel 2008 sono entrati per
la prima volta nel mercato occupazionale mette in evidenza le province in cui si è verificato
il loro maggiore inserimento, confermando quanto già detto a proposito della
maggiore dinamicità osservata per le province romagnole. D’altra parte, proprio
Modena, pur essendo tra le province che in Emilia Romagna hanno avuto sempre una
particolare capacità d’inserimento, ha registrato un valore inferiore a quei contesti dinamici,
con un saldo tra assunzioni nette (22.092) e cessazioni nette (22.451) che alla fine
del 2008 è risultato negativo. Tale peculiarità territoriale può essere letta anche alla luce
del fatto che la crisi del mercato immobiliare, che ha colpito le economie più avanzate,
ha avuto delle ricadute negative (in termini di vendite e di produzione) sul settore delle
piastrelle, le cui unità produttive sono concentrate nelle province di Modena e Reggio
Emilia (vd. Banca d’Italia, L’economia dell’Emilia Romagna nell’anno 2008).
Per quanto riguarda i settori d’impiego, nel 2008, secondo le elaborazioni della Banca
d’Italia su dati Inail, il 26,7% dei lavoratori dipendenti regolari stranieri è stato occupato
nel settore manifatturiero, mentre in quello delle costruzioni è stato il 13,6%; in quello
degli alberghi e ristoranti il 12,9%. Si è anche osservata “una marcata specializzazione
degli immigrati nel comparto agricolo, nelle costruzioni e nelle attività di alberghi e
ristoranti, con una quota in questi settori circa doppia rispetto a quella degli italiani. Al
contrario – secondo il rapporto della Banca d’Italia – gli immigrati sono relativamente
meno presenti nei servizi professionali e in quelli della Pubblica amministrazione, istruzione
e sanità”. Per quanto concerne le mansioni svolte, rispetto agli italiani gli stranieri
risultano prevalenti nei lavori generici non qualificati nell’industria e nell’edilizia, nelle
collaborazioni con famiglie e convivenze, nelle attività agricole e in quelle di pulizia e
lavanderia.
Il rapporto della Banca d’Italia, riprendendo i dati del SILER (il Sistema Informativo
Lavoro dell’Emilia Romagna), pone anche in luce l’esistenza di alcune differenze nelle
attività lavorative per area di provenienza. Ad esempio, “risulta elevata la specializzazione
dei lavoratori cinesi, rispetto agli italiani, nell’industria manifatturiera e soprattutto
nel settore tessile, mentre le persone originarie del sub continente indiano sono maggiormente
utilizzate nel comparto agricolo e negli allevamenti”.

L ’ e s p e r i e n z a i m p r e n d i t o r i a l e

Secondo i dati elaborati dalla Cna, aggiornati al maggio 2009, in Emilia Romagna
sono presenti 22.360 imprese con titolare straniero, le quali costituiscono circa il 12%
del totale nazionale. Si tratta di una realtà che si conferma in crescita, se si tiene conto
che, sempre secondo la Cna, al giugno 2008 le imprese individuali registrate in regione
risultavano 20.316.
È interessante rilevare che più della metà delle imprese con titolare straniero è presente
nelle province di Reggio Emilia, Bologna e Modena, confermandosi anche per questo
aspetto aree del “consolidamento” della presenza immigrata.
In quali paesi sono nati questi imprenditori? Secondo i dati della Cna, circa il 66% del
totale si distribuisce tra Albania (15,6%), Marocco (14,4%), Cina (12,9%), Tunisia
(12,6%) e Romania (10,7%). Più della metà del totale delle imprese è presente nel settore
delle costruzioni, che si è sviluppato in regione proprio grazie alla propensione
all’imprenditorialità di lavoratori albanesi (25,6% del totale di tali aziende), tunisini
(20%) e romeni (16%), i quali hanno saputo valorizzare le proprie competenze acquisite
nel corso di precedenti esperienze di lavoro. Il secondo settore è quello del commercio
(21,6%), in cui prevalgono imprenditori marocchini (27,7% del totale di queste
imprese) e cinesi (16,9%). Il terzo è quello manifatturiero (15% del totale), di cui più
della metà è costituita da imprese con titolare cinese (54,5%).
La maggiore presenza nelle province del “consolidamento” può essere spiegata alla
luce di una recente ricerca, in cui si mostra che l’esperienza imprenditoriale degli immigrati
si è sviluppata in regione proprio in ragione della tendenza alla stabilizzazione insediativa
nelle loro strategie migratorie. Risulta superata, nella percezione di questi ultimi,
la temporaneità della propria condizione e, nel contempo, cambiano le aspettative relative
al lavoro, soprattutto allorché entrano in gioco non solo aspirazioni a un maggiore
guadagno, ma anche alla mobilità sociale, al miglioramento delle proprie condizioni di
lavoro, ecc. (vd. C. Marra, “Immigrati imprenditori e distretti industriali. Una ricerca in
Emilia Romagna”, in Materiali di discussione, Dipartimento di Economia Politica –
Università di Modena e Reggio Emilia, n. 594, 2008).

L a s c u o l a

Anche nell’anno scolastico 2008/2009 l’Emilia-Romagna si è confermata la regione
con la più elevata incidenza degli iscritti non italiani sul totale degli studenti. Di fatti, con
72.585 studenti stranieri, su un totale di 569.631 iscritti, è stata raggiunta la percentuale
del 12,7%, precedendo nell’ordine l’Umbria (12,2%), la Lombardia (11,3%) e il
Veneto (11,0%). A livello nazionale, invece, l’incidenza è pari al 7%. Nello specifico,
valori superiori alla media regionale si riscontrano nelle scuole primarie (14,5%) e nelle
scuole secondarie di primo grado (14,2%).
La crescita degli alunni stranieri continua a ritmi sostenuti. Quattro province della
regione hanno superato il 13%; precisamente: Piacenza (16,2%), Reggio Emilia
(14,9%), Modena (14,0%) e Parma (13,2%), mentre Bologna si attesta su un valore
pari al 12%. Come sempre, la Romagna e Ferrara registrano percentuali inferiori alla
media.
Le nazionalità più presenti ricalcano il quadro generale delle residenze in regione: al
primo posto troviamo il Marocco con il 19,3%; segue l’Albania con il 15,3%, poi la
Romania con l’8,7%, mentre più staccate Tunisia, Cina e Moldavia (tra il 4 e il 5% ciascuna).
Di particolare interesse, infine, risulta il dato relativo agli studenti stranieri nati in Italia:
essi sono 28.690, rappresentando quasi il 40% della popolazione scolastica straniera a
livello regionale.

L e p o l i t i c h e d e l l a R e g i o n e

La Regione Emilia-Romagna prosegue da un decennio la propria programmazione di
i n t e rventi per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri.
La cornice normativa di riferimento è stata meglio precisata e definita dalla legge
regionale n. 5/2004 e dall’approvazione di due programmi triennali di attività: il primo,
varato nel febbraio 2006, ha coperto il triennio 2006-2008; mentre il secondo, varato
nel dicembre 2008, coprirà il triennio 2009/2011.
Il secondo programma triennale ha come obiettivo la coesione sociale, partendo dalla
consapevolezza riguardo al contributo degli immigrati al lavoro e alla ricchezza regionale
(11,3% del PIL nel 2006), ma anche del loro crescente apporto al gettito contributivo
e fiscale.
Sul versante programmatico la Regione Emilia-Romagna ha operato una scelta su 3
obiettivi strategici:
- la promozione dell’apprendimento e dell’alfabetizzazione della lingua italiana, per
favorire i processi di integrazione e consentire ai cittadini stranieri una piena cittadinanza
sociale e politica;
- la promozione di una piena coesione sociale, attraverso processi di conoscenza e
mediazione da parte di stranieri immigrati e italiani;
- la promozione di attività di contrasto al razzismo e alle discriminazioni.
Accanto alla ridefinizione degli obiettivi strategici, nel corso degli anni si è assistito a
un’evoluzione degli strumenti della programmazione regionale.
Dopo una prima fase impostata su una programmazione a base prevalentemente
provinciale, dal 2004 la programmazione in materia di immigrazione è essenzialmente
confluita nei Piani sociali di zona di ambito distrettuale (previsti dalla legge nazionale
328/2000) con un apposito programma finalizzato. Nella più recente programmazione
2008-2009 si è proceduto alla costituzione del Fondo Sociale Locale, che ha sostanzialmente
superato la logica dei programmi finalizzati, a favore di percentuali minime di
spesa, da garantire nei vari settori (e dunque anche per quanto concerne le politiche di
integrazione degli immigrati) in ogni ambito distrettuale.
Negli ultimi anni questa programmazione è stata accuratamente monitorata (i testi
completi dei vari monitoraggi sono consultabili visitando il sito internet www.emiliaro -
magnasociale.it, alla voce immigrazione). Il monitoraggio più recente riguarda i tre programmi
finalizzati regionali del 2008:
- il primo, relativo alla programmazione di ambito distrettuale, rivolto agli immigrati
stranieri e ai richiedenti asilo nelle 38 zone sociali dell’Emilia-Romagna e che ha visto
la definizione di oltre un centinaio di progetti esecutivi;
- il secondo, relativo alla programmazione finalizzata a realizzare il progetto “Oltre la
Strada”, consiste in interventi a sostegno dei programmi di assistenza e di integrazione
sociale a favore delle vittime di sfruttamento sessuale (art. 18 D. Lgs 286/98 e
art. 13 L. 228/03);
- il terzo, relativo alla programmazione di livello provinciale, ha ripartito le risorse
direttamente alle amministrazioni provinciali per azioni di coordinamento ed ha portato
alla definizione di una quarantina di progetti.
Dal punto di vista della partecipazione alla realizzazione dei progetti si evidenzia
un’oggettiva ricca presenza di soggetti del privato sociale, delle istituzioni scolastiche e
delle parti sociali. Infatti, i progetti esecutivi che vedono unicamente coinvolti gli Enti
locali risultano essere una minoranza: soltanto 10 su 136. I progetti che vedono formalmente
indicata almeno la presenza di un’istituzione scolastica risultano essere 64, il
coinvolgimento delle Aziende sanitarie è previsto in 42 progetti e i soggetti appartenenti
al Terzo Settore sono coinvolti in 111 progetti esecutivi. Si conferma, inoltre, la collaborazione
con le Questure e le Prefetture (indicate in 18 progetti) e con l’associazionismo
promosso dai cittadini stranieri (42 associazioni).
Dall’analisi degli interventi finanziati emerge che nel 2008 la programmazione si è
concentrata sulle seguenti aree principali:
- il consolidamento di centri specializzati e informativi per cittadini stranieri (20% delle
risorse);
- l’attivazione di interventi in ambito scolastico rivolti ai minori: alfabetizzazione, laboratori,
accoglienza di famiglie, sostegno allo studio (16% delle risorse);
- interventi a favore di vittime di sfruttamento sessuale, secondo l’art.18 del D. Lgs
286/98 (10% delle risorse);
- la realizzazione di attività specifiche di mediazione interculturale (9% delle risorse);
- il sostegno a interventi per facilitare l’accesso ai servizi: percorsi formativi di aggiornamento
per operatori, realizzazione di guide e opuscoli multilingue (7% delle risorse);
- il sostegno a percorsi di rappresentanza e partecipazione pubblica (Consulte, Forum
ecc.), nonché all’associazionismo promosso dai cittadini stranieri (6% delle risorse);
- la predisposizione di corsi lingua italiana per adulti (3%).