venerdì 18 aprile 2008

Ambrosio: più che sufficiente un prete per mille abitanti

Piacenza - Duecentonovantacinque sacerdoti per 424 parrocchie suddivise in sette vicariati. Sono alcuni dei numeri che riporta l’annuario diocesano di Piacenza-Bobbio in uscita in questi giorni edito da “il nuovo giornale”. Cifre che, secondo una proiezione effettuata negli ultimi mesi dell’episcopato di monsignor Luciano Monari, sono destinate ad assottigliarsi sempre di più. Se la società civile è stata chiamata a raccolta per disegnare il proprio futuro in quel grande contenitore che è Vision 2020, anche il clero ha fatto, nel suo piccolo, la medesima cosa. Nel 2020, dai 295 sacerdoti di oggi si scenderà fino ai 120-150, un numero destinato ad assestarsi nel tempo. Dati che non preoccupano più di tanto il nuovo vescovo, Gianni Ambrosio. Primo perché «con le previsioni - dice - occorre essere molto cauti»; poi perché «oggi come oggi a Piacenza abbiamo un prete ogni mille abitanti, una delle percentuali più alte di tutta l’Emilia Romagna».
Monsignor Gianni Ambrosio visiona gli annuari diocesani delle altre diocesi vicine e fa i dovuti confronti: «Parma ha circa 304mila abitanti e 168 preti, uno ogni 1.700 abitanti. Bologna ha circa un milione di abitanti (955mila) con 431 preti, uno ogni duemila. Reggio Emilia ha 293 preti (come Piacenza-Bobbio, ma 500mila abitanti. Noi abbiamo circa 287mila abitanti per 295 preti, in pratica un sacerdote ogni mille persone». Una cifra che non preoccupa più di tanto il vescovo il quale la ritiene ancora sufficientemente adeguata a coprire le esigenze della diocesi: «Mi pare di dover dire, contrariamente a quello che si pensa e a quello che si scrive, che la situazione numerica dei preti in Piacenza-Bobbio è rosea rispetto alla realtà circostante. Che poi vi siano sacerdoti anziani va bene, ma questo vale anche per gli altri. Vorrei che ci si rendesse conto che noi abbiamo il doppio dei preti rispetto a Bologna». La preoccupazione di Ambrosio è che il clero lavori con determinazione nei vari ambiti della pastorale. «Un tempo la figura del sacerdote - osserva - aveva molteplici ambiti di attività anche extrapastorali che oggi non necessariamente lo riguardano in prima persona, dunque il numero dei preti attualmente è più che sufficiente».Il 2020 non lo preoccupa doppiamente. «Di fronte alle proiezioni - continua - sono sempre molto cauto perché un poco le conosco. Possono esserci situazioni che mutano da un giorno all’altro, novità che cambiano. Non mi pare che il futuro sia così oscuro per la chiesa piacentina. A Bologna ho incontrato uno storico che sta lavorando su Scalabrini. Mi diceva che la preoccupazione del vescovo era quella del numero delle vocazioni sacerdotali. Io pensavo che a quel tempo fossero numerose. Sbagliavo, perché erano scarse rispetto ad una popolazione molto consistente. Poi abbiamo visto una ripresa nel periodo della prima guerra e negli anni Cinquanta e Sessanta. Ci sono oscillazioni che non possono essere previste».
C’è comunque la risorsa dei laici: non dimentichiamo che in questa diocesi ci sono circa 40 diaconi ed un’altra dozzina sta per diventarlo.
Per il vescovo Ambrosio occorre valorizzare la cultura della vocazione. «Riguarda tutti - osserva - se fosse davvero un po’ più convincente credo che non dovremo avere così tanti timori per il futuro. La cosa più importante da fare è che tutti siamo consapevoli di essere chiamati a svolgere un’opera che senza il nostro operato non si compie. Se vogliamo che la nostra cultura umanistica proceda, tutti dobbiamo darci da fare affinchè questa vada avanti. Siamo chiamati alla vita e a darle un senso. Avere una cultura vocazionale vuol dire preparare il terreno per quelle particolari chiamate al servizio diretto ed immediato della Chiesa e del Vangelo. Se ricordiamo questo, avremo preparato un buon terreno perché anche il seme del sacerdozio possa attecchire».
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà di oggi, 18 aprile 2008

Ambrosio e le sette: prima del diavolo occorre l'educazione

Piacenza (fri) «È un problema che non dovrebbe preoccupare solo la Chiesa ma l’opinione pubblica. Se una certa forma che si presenta come religiosa mette in crisi il bilancio famigliare è chiaro che si deve fare qualche cosa». Una decina di vescovi dell’Emilia Romagna era presente l’altro pomeriggio al convegno sulle sette e l’occultismo tenutosi a Bologna che ha avuto come relatore, tra gli altri, monsignor Gianni Ambrosio. “Religioni, filosofie e sette” era il tema dell’incontro bolognese.
«Se si lascia la piazza pubblica vuota, senza valori, è chiaro che ad un certo punto verrà occupata da qualcuno - ha osservato monsignor Ambrosio -. Il nostro impegno è che quella sia invece una piazza con un riferimento serio alla vita, con valori precisi e fondanti. Se c’è una pulsione in qualche modo amorale, allora stiamo pur certi che questo è il terreno di certe forme settarie. In un prato, se non è coltivato bene, arriva la gramigna». E il diavolo, quanto c’entra? «C’entra, è vero, anche il diavolo. Prima però di arrivare a lui ci sono tutta una serie di cose che dovrebbero essere messe in atto. Certamente poi nella storia c’è anche l’intervento di colui che è menzogna, che distrae rispetto al buon cammino».

Il testo integrale su Libertà di oggi, venerdì 18 aprile 2008

VIDEO/Ambrosio e il libro di Fisichella (seconda parte)