domenica 25 settembre 2011

Mogavero: tre generazioni per ripulire il nostro Paese

Si è conlcuso a Piacenza il Festival del diritto. Due le figure della Chiesa invitate a parlare: Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, e monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo. Abbiamo seguito quest'ultimo per Libertà. Al di là del giudizio su Berlusconi è interessante l'analisi sui veleni di questi anni. Per Mogavero ci vorranno tre generazioni per farne piazza pulita.


Apre con papa Benedetto XVI che nella sua visita in Germania ha citato l'ecologia dell'uomo collocandone al centro la figura umana; chiude con Giovanni Paolo II che non aveva paura della tecnica perchè l'uomo possiede, unico nel Creato, apertura al mistero e desiderio di conoscenza. Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, introdotto dal giornalista di Repubblica, Orazio La Rocca, nell'auditorium di Sant'Ilario spiega come umanizzare la tecnica sia possibile. Basta che l'uomo rimanga soggetto e non ne diventi oggetto o ostaggio.
Inizia dal pensiero del filosofo Emanuele Severino (invitato a questa edizione del Festival del Diritto) che parte dalla «centralità della tecnica nella vita dell'uomo, tendenzialmente capace di avvilupparle l'esistenza, come se l'uomo avesse abdicato alla tecnica». Evidenzia le «formidabili capacità della tecnica capace di conquistare la meraviglia dell'uomo», ma anche «il disagio dell'uomo nello scoprirsi soverchiato e quasi indifeso». Tutto questo ci dice come «l'uomo da soggetto diventa oggetto, campo sperimentale della tecnica». «Il filosofo - prosegue Mogavero - si premura di mettere in guardia dalla misura ingenuamente ottimistica dell'uomo nei confronti della tecnica e delle sue scoperte. Questo profilo ottimistico rendono l'uomo stesso indifeso e vulnerabile: crede che sia la tecnica una sua creatura e non possa mai perderne il controllo».
«Riconosco che questa riflessione ha spunti interessanti anche se il quadro di riferimento rimane incompiuto - osserva il presule -. L'uomo scopre ogni giorni fragilità e limiti in una lotta dalla quale cerca di uscire vincitore. Le cui grandi scommesse sono malattia e morte».
«Ma il confronto tra tecnica e uomo va oltre - è convinto Mogavero - ci sono le tecnologie comunicative, le applicazioni terapeutiche, fino ad arrivare alle intelligenze artificiali».
Il vescovo di Mazara del Vallo sostiene che la tecnologia ha migliorato la qualità della vita solo marginalmente: «Tutto questo ha creato aspettative e assilli. Oggi l'uomo chiede alla tecnologia di abbattere le barriere, siamo di fronte ad un ritorno del mito del super l'uomo, è in atto una dinamica che fa coltivare l'illusione che prima o poi non ci saranno legami che frenano l'onnipotenza umana».
La tecnica è connotata da una profonda ambiguità: «Se da un lato è amica dell'uomo, dall'altro esige di essere accostata con giudizio ed equilibrio». Confessa di avere il tablet pc, l'Ipad dal quale legge gli appunti: «Bisogna vedere se è uno strumento nelle nostre mane oppure se io divento strumento nelle sue». Fa un accenno alle biotecnologie e al documento della Cei contro l'accanimento terapeutico.
Chiude con Giovanni Paolo II: «Il suo amore per scienza e tecnica è noto a tutti, così come la sua capacità di mostrare i limiti di una umanità sofferente. Il rischio di far morire l'uomo per mano della scienza non si corre se si considera che l'uomo in ogni espressione della sua vita porta con sé qualche cosa che lo contaddistingue nel Creato: l'apertura al mistero e l'inesauribile desiderio di conoscenza».
Dal virus della tecnica al virus del berlusconismo il passo è breve. Almeno in Sant'Ilario dove La Rocca serve l'assist e monsignor Mogavero non si tira indietro, precisando di parlare a titolo personale. «Non ce l'ho con Berlusconi ma con il berlusconismo - puntualizza il vescovo -. Berlusconi, nonostante le rassicurazioni dei medici, prima o poi dovrà passare la mano. Ma i giovani di oggi non riescono a difendersi da certi virus che si insinuano dentro e che diventano convinzione e tessuto connettivo delle persone e che l'Italia si porterà dietro per almeno tre generazioni». «Quello che acquisiscono oggi i nostri adolescenti - aggiunge Mogavero -, indifesi e non aiutati a reagire criticamente di fronte ai modelli che il paese è costretto a contemplare quotidianamente, inciderà nella convivenza del nostro Paese almeno per altri quarant'anni. Ci vorranno generazioni per purificare la vita sociale del Paese da certi veleni che stiamo assimilando e che sono tanto più infidi perchè non ci accorgiamo di respirarli. Io plauderei Berlusconi se facesse un passo indietro perchè ritengo che, forse per la prima volta in questi in questi 16-17 anni, gioverebbe veramente alle sorti del Paese».
Federico Frighi


24/09/2011 Libertà