domenica 24 gennaio 2010

Ambrosio ai giornalisti: un rapporto vero tra parole e fatti

Desidero innanzi tutto ringraziarvi per il vostro impegno nel campo della comunicazione sociale e per la vostra presenza in questa celebrazione. Rivolgo questo mio vivo ringraziamento a voi giornalisti per la serietà con cui svolgete il vostro lavoro ed anche per l’amicizia con cui seguite la vita della Chiesa di Piacenza-Bobbio. Un lavoro bello ma delicato e sempre più sottoposto a spinte contrapposte, quella dello scoop o dell’audience a ogni costo e quella del rispetto della verità e delle persone di cui parlate nei vostri servizi.
Questa celebrazione non è solo un’occasione che ci consente, secondo una bella consuetudine, di riflettere su alcuni temi legati al vostro impegno, ma è anche - direi soprattutto - un momento prezioso in cui, uscendo dal ruolo di comunicatori per gli altri, diventiamo comunicatori a noi stessa di una “bella notizia”: una notizia che non abbiamo cercato, ma è arrivata a noi, alla nostra coscienza, come dono prezioso e coinvolgente.
Invocando l’intercessione del santo patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, di cui ricorre la memoria liturgica, vorrei che il brano del Vangelo di Matteo risuonasse dentro il vostro cuore e vi offrisse spunti preziosi di riflessione sul ‘comunicare’, sulla gioia, sulla bellezza, sull’importanza del comunicare. Di solito siete voi a porre le domande nelle vostre interviste, questa volta è la pagina del Vangelo che pone a voi delle domande. Lasciatevi intervistare, sapendo che è interpellata la vostra coscienza. Io mi limito a suggerire un breve commento.

Nel brano ascoltato, Gesù invita i suoi discepoli ad essere sale della terra e luce del mondo. Anzi, dice loro: voi siete il sale, voi siete la luce. Non dice loro: voi dovete essere. Sarebbe un’impresa impossibile. È invece possibile incontrare Gesù, accogliere la sua parola, lasciarsi toccare dai suoi gesti. Allora è possibile, con Lui, essere il sale della terra e la luce del mondo. È un dono che è rivolto a tutti, è una sfida che interpella tutti, è un compito che coinvolge tutti. Tutti noi, nessuno escluso. Forse siamo distratti, siamo smemorati, siamo presi dai tanti impegni. Ma il dono, la sfida, il compito sono lì, per noi. Se accolti, cambiano la vita, nel senso che la rendono illuminata, significativa, costruttiva.

Anche il vostro mestiere cambia. Assume il senso di una missione il vostro lavoro di giornalisti: perché racconta la fatica e la bellezza di una comunità di persone che cercano di collaborare pur nelle tante ostilità, che desiderano aiutarsi pur nelle molte incomprensioni, che cercano di leggere i segni di speranza pur nelle pesanti oscurità che segnano la nostra storia.
Essere sale e luce non vuol dire ignorare i tanti lati oscuri del nostro cammino umano. Piuttosto vuol dire far emergere i motivi per cui vale la pena di vivere, vuol dire portare alla luce ciò che promuove la dignità della persona, scorgendo nei fatti i segni che aprono alla speranza, al dialogo, alla fiducia reciproca.

"Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14): Le due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono ricche di senso e di domande.

"Voi siete il sale della terra...". Una delle funzioni del sale è quella di dare gusto e sapore al cibo. Per lungo tempo il sale è stato anche il mezzo abitualmente usato per conservare gli alimenti. Lasciatevi interpellare da questa immagine del sale. Quali sono gli alimenti da conservare, quali sono gli aspetti della vita cui dare gusto e sapore perché siano gustati, apprezzati e stimati?

"Voi siete la luce del mondo...". Il simbolo della luce evoca il desiderio di verità, di conoscenza, di speranza: è un desiderio impresso nell'intimo del cuore di ogni persona e di ogni popolo.
Forse le immagini del sale e della luce vi invitano a non accontentarvi di ciò che sta al di sotto dei vostri ideali, a non lasciarvi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore, a non rassegnarvi alle mode passeggere, ai progetti riduttivi, alla mediocrità, al pessimismo. Proprio nei momenti di difficoltà, vi è maggior bisogno di luce e di sale.
Forse le immagini possono invitarvi ad approfondire la conoscenza del grande patrimonio di cultura e di spiritualità che vi è stata trasmessa, dei testimoni e dei maestri che vi hanno preceduto, anche nel campo del giornalismo.
Forse le immagini possono stimolarvi ad affermare la vostra responsabilità personale. Perché per il giornalista è facile trincerarsi dietro al fatto che «oggi il lettore o il pubblico vuole così..., oggi la società è così». Il comunicatore deve essere sempre consapevole delle proprie responsabilità: non può rassegnarsi e poi giustificarsi. Il sale che non dà sapore merita di essere gettato via. La luce che è posta sotto il moggio, come dice il Vangelo, non riesce ad illuminare, è inutile. Vi sono circolo viziosi, ma possono esserci circoli virtuosi per cui l’imitazione evolve in senso positivo. Esiste anche un contagio positivo, non soltanto un contagio negativo. Se si riesce ad instaurare un rapporto vero tra parole e fatti, fuggendo dagli stereotipi, si può vincere la deriva della volgarità, dello stile gridato, della cattiveria, della diffamazione.

Concludo. Dentro la storia, c’è quel di più che occorre saper scoprire per poterlo comunicare. Con la luce che ci proviene dal Vangelo, i fatti della vita diventano di per sé espressivi, perché accolti nella loro profondità umana. Allora si raccontano senza forzarli, all’insegna del rispetto di ogni persona e sapendo che abbiamo tutti bisogno di luce e anche di un po’ di sale.
Permettetemi di leggere una frase scritta da Haiti da un amico sacerdote, don Mauro di Milano. Ha scritto questa lettera qualche giorno prima del terremoto ed è rivolta alle persone che lo hanno aiutato. Non so se questo amico è vivo e anche lui è tra i tanti morti di quella immane tragedia. Don Mauro scrive: “Con ciò che voi dite, con quello che voi date non risolvete le tante domande e attese presenti, ma fate qualcosa di più prezioso: accendete nella realtà di tante persone una luce di speranza, segni di una vita migliore se si rompono le barriere della solitudine e dell’egoismo”.
San Francesco di Sales, vostro patrono, aiuti voi, cari giornalisti, e tutti noi ad accendere una luce di speranza e a porre segni di una vita migliore.

+ Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio


Quello sopra riportato è il testo dell'omelia tenuta dal vescovo di Piacenza-Bobbio sabato 23 gennaio 2010, solennità di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.