sabato 24 maggio 2008

Ambrosio, anche i prodotti tipici servono ad educare

Piacenza - Punti di riferimento, il valore del territorio, la cura della vita emotiva e quella dell’autorità. Sono i quattro pilastri (il vescovo di Piacenza-Bobbio li chiama “suggerimenti”) che definiscono la sfida educativa così come tracciata da monsignor Gianni Ambrosio ieri pomeriggio al Circolo Ufficiali del presidio militare piacentino. Invitato a Palazzo Morando, di fronte ad un pubblico di militari e di soci civili del circolo, Ambrosio ha parlato della sfida educativa, il tema che la Conferenza episcopale italiana ha scelto come linea guida per il prossimo decennio. A fare gli onori di casa il colonnello Mario Tarantino, comandante del II° reggimento del Genio Pontieri, e il direttore del Circolo Ufficiali, il luogotenente Giuseppe Mendola. Il vescovo, nel suo intervento, ha osservato come ci si soffermi troppo sull’aspetto della formazione con una sorta di avidità funzionale e tecnica per realizzare certi obiettivi, dimenticando la persona umana. Diversamente «l’aspetto umanistico dell’educazione deve prevalere su quello funzionale». L’esempio della piazza di un tempo dove «si respirava l’aria della libertà» cozza contro l’esempio della piazza di oggi: «Un grande spazio da riempire come piazza Tien An Men a Pechino o un grande spazio senza punti di riferimento come la piazza di Internet» Quattro, come detto, i suggerimenti del vescovo. Primo: «Il prendersi cura dell’ordine è fondamentale. È necessario avere dei punti di riferimento, il soggettivismo non è in grado di venire incontro alla persona umana». Secondo: «Il prendersi cura dei contesti di vita e il territorio è un contesto di vita fondamentale: la scuola, la famiglia, il gruppo di amici». Ambrosio fa un esempio curioso: la valorizzazione dei prodotti tipici. «Penso che promuovere i prodotti del territorio sia fare educazione. I panini che vendono all’aeroporto di Tokyo, Francoforte, Singapore sono tutti uguali ed hanno tutti il medesimo sapore. La valorizzazione di ciò che è locale diversifica ed aiuta a creare degli strumenti di resistenza rispetto al tourbillon della realtà odierna». Terzo: prendersi cura della vita emotiva. «Occorre andare oltre allo spazio estetico della vita di tutti i giorni, occorre essere meno superficiali». Il vescovo sottolinea l’importanza di prendersi cura dell’anima: «Se non c’è un’educazione del cuore o del sentimento si rimane davvero disorientati». I giovani, secondo il vescovo, appaiono incapaci (non tutti) di reagire alle emozioni forti e rimangono in superficie affrontando la vita di conseguenza. Quarto: la cura dell’autorità. «Si dice spesso che siamo in una realtà senza padri e senza padri, senza ciò che rappresentano, non ci può essere educazione. Il padre, l’autorità, rappresenta la figura con cui confrontarsi. Il bello della libertà è proprio il confronto con l’altro, ma se l’altro non c’è, se l’altro è inesistente, allora non c’è
Federico Frighi

da Libertà di oggi, 24 maggio 2008