sabato 16 febbraio 2008

Ambrosio, l'abbraccio a Piacenza

Pubblico l'intervento del vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, al termine della cerimonia di ordinazione e presa di possesso della diocesi.

1. Con l’abbraccio ad alcune persone rappresentative del popolo di Dio che è in Piacenza-Bobbio, si conclude la celebrazione della mia ordinazione episcopale in questa Cattedrale dalla bellezza nobile e austera.
Questo abbraccio segna pure l’inizio del mio ministero. Esso è rivolto a tutti, e in particolare giunga, davvero fraterno, a tutti voi carissimi sacerdoti e diaconi. Faccio mie le parole del beato Giovanni Battista Scalabrini nel giorno della sua ordinazione episcopale: “Tutti finalmente vi abbraccio quanti siete, figli della santa Chiesa piacentina e miei amatissimi, alla cui santificazione e verace prosperità devo attendere” (Lettera da Roma, 30 Gennaio 1876).

2. Insieme all’abbraccio vi rinnovo il saluto della liturgia cristiana – “il Signore sia con voi” - con cui ho iniziato la lettera che vi ho inviato non appena il Santo Padre Benedetto XVI mi nominò pastore e padre di questa santa Chiesa di Dio.
Il saluto liturgico è invocazione, e soprattutto è esperienza gioiosa. Sappiamo che il Signore è con noi, sperimentiamo la sua presenza, siamo in profonda amicizia con Gesù Cristo, che ci manifesta il vero volto di Dio e ci dona lo Spirito che assiste e guida la sua Chiesa. E poi siamo in amicizia tra noi che abbiamo la grazia di vivere la comunione della Chiesa.
Questa amicizia è la nostra gioia, il nostro tesoro, e dunque è la nostra passione e la nostra missione. A tutti vogliamo testimoniare e comunicare la gioia di quest’amicizia, che è salvezza offertaci da Dio dentro il cammino della nostra vita.
Anche la celebrazione dell’ordinazione è il segno sacramentale di questa compagnia che continua, di questa amicizia che si rinnova, dell’incessante offerta di amore di Dio per il suo popolo, un amore che trasforma la nostra storia in storia di salvezza, come ci ha ricordato nell’omelia il cardinale Bertone.
L’imposizione delle mani dei vescovi, successori degli apostoli, l’invocazione dello Spirito e la preghiera di tutta la comunità rendono particolarmente vera - per me innanzi tutto ma anche per tutti voi insieme a me – l’affermazione del Concilio Vaticano II che raccoglie la tradizione ecclesiale: “Nella persona dei vescovi, uniti al loro presbiterio, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo” (cf Lumen Gentium 21).

3. Cari fratelli e sorelle, più sperimentiamo con stupore rinnovato questa presenza di Cristo nella nostra storia, più ci rendiamo conto che viva è l’attesa di Dio, perché solo Dio può colmare il cuore dell’uomo. Sì, pure oggi è viva questa attesa, anche se è spesso nascosta o confusa dentro altre attese.
La convinzione che Gesù Cristo – la sua conoscenza, la sua amicizia - costituisce la vera attesa di ogni uomo poggia sulla Parola di Dio. Leggiamo nel prologo del Vangelo di Giovanni che Gesù è il Logos, è il ‘progetto’ di Dio in base al quale tutto è stato pensato e fatto.
E in Gesù Cristo tutto acquista significato e valore. In Lui la speranza è fondata e motivata, come ci è stato ricordato nel Convegno ecclesiale di Verona, in Lui possiamo vivere con serena vigilanza l’attuale complessità, capaci di opporci al male e capaci di riconoscere la multiforme sapienza di Dio presente nella nostra storia e all’interno delle nostre comunità (cf Ef 3,10).
Non c’è niente di più ‘pastorale’ di una buona e solida spiritualità cristiana che pone al centro la novità evangelica da riscoprire e da riproporre sempre da capo nella sua freschezza e nella sua concretezza, nella sua forza che trasforma il cuore e apre la mente, nella sua luce che illumina tutta la realtà. Proprio il vangelo di Gesù ci fa incontrare l’uomo, perché ci dona la possibilità e la capacità di entrare veramente nella realtà in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue dimensioni, e quindi con una visione culturale autenticamente umana.

4. Nonostante le nostre povertà, come cristiani e come Chiesa, siamo, come dice l’Apostolo Paolo, “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti con Gesù Cristo stesso come pietra angolare” (Ef 2, 19-21).
Sono certo che la nostra Chiesa è consapevole di essere segno vivo del Vangelo nella storia e vorrà continuare a rendere possibile, soprattutto per il bene dei nostri giovani e per le future generazioni, la luminosa testimonianza della vita cristiana.
Sono certo che tutti - a cominciare dal vescovo insieme ai sacerdoti - vorremo avvertire con entusiasmo il fascino di essere ‘lavoratori del Vangelo’ nella vigna che ci è affidata.
Non ci nascondiamo le difficoltà che ci attendono, in particolare la questione educativa e una serie di tendenze disumanizzanti che rappresentano una terribile sfida per le sorti della nostra vita sociale e culturale e al tempo stesso per le sorti della fede cristiana.
Vogliamo dare a queste sfide una risposta che esprima la sapienza evangelica, che offra la luce della verità cristiana, che manifesti la bellezza della nostra ricca tradizione.

5. Cari amici, vi chiedo ora di unirvi a me per esprimere dal profondo del cuore i ringraziamenti più sinceri.
Ringraziamo insieme il Signore Dio, lodiamo il suo amore misericordioso, celebriamo la sua presenza in mezzo a noi mediante la parola del Vangelo, i sacramenti della fede e la varietà dei ministeri.
Ringraziamo il Santo Padre Benedetto XVI: a Lui, che ha voluto confidarmi il governo pastorale di questa diocesi, esprimo i miei sentimenti di filiale devozione.
Ringraziamo di cuore l’eminentissimo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. La sua presenza qui, in questa Cattedrale, per presiedere questa celebrazione di ordinazione episcopale è un motivo ulteriore per esprimere al Santo Padre e a Lei, Eminenza, la riconoscenza mia e di questa Chiesa.
Ringraziamo i vescovi Luciano Monari e Enrico Masseroni. E con l’arcivescovo di Vercelli saluto e ringrazio i vescovi piemontesi, in particolare l’amico vercellese mons. Giuseppe Versaldi.
Ringraziamo i cardinali Ersilio Tonini e Luigi Poggi, l’arcivescovo Pietro Marini, il vescovo Antonio Lanfranchi che provengono dalla Chiesa piacentina-bobbiese. Siamo in comunione con mons. Luigi Ferrando, vescovo in Brasile e mons. Domenico Berni, in Perù. Con loro salutiamo tutti i nostri missionari piacentini, come pure salutiamo il vescovo mons. Bruno Bertagna..
Ringraziamo mons. Benito Cocchi, nostro metropolita. E con lui ringraziamo i vescovi dell’Emilia Romagna con i quali avrò la grazia di fare esperienza di collegialità episcopale. Ringraziamo l’arcivescovo di Palermo mons. Paolo Romeo.
Ringraziamo infine, con particolare affetto, il segretario della Cei Mons. Giuseppe Betori e il preside della Facoltà Teologica di Milano mons. Franco Giulio Brambilla. Con loro ringrazio gli amici della Cei e i colleghi della Facoltà teologica. Ringraziamo l’amministratore diocesano mons. Lino Ferrari e con lui tutti coloro che hanno intensamente lavorato in questo periodo.
Saluto e ringrazio per la loro presenza e la loro vicinanza nella preghiera i fratelli delle confessioni cristiane che operano in questo territorio.

Saluto poi gli amici di Santhià, di Carisio, di Vercelli e li ringrazio di cuore per la presenza e per l’amicizia che continua.
Un particolare ringraziamento lo rivolgiamo agli amici dell’Università Cattolica, a cominciare dal Rettore Lorenzo Ornaghi. Davvero è stata per me un’avventura entusiasmante l’esperienza di questi sette anni in Cattolica. Desidero dirvi che l’amicizia continua e la porta della casa di Piacenza è aperta, come sempre aperta è stata la porta del Centro pastorale.
Concludo con l’affettuoso ringraziamento alla mia famiglia, prezioso dono del Signore.
Affidiamo la nostra Chiesa e il suo cammino al Signore Gesù, buon Pastore, alla protezione di Maria alla cui assunzione al cielo è dedicata questa cattedrale e venerata come Madonna del popolo, all’intercessione dei molti santi e beati di questa Chiesa, a cominciare dai santi patroni, Antonino e Colombano.

Il saluto di monsignor Ferrari al vescovo Ambrosio

Carissimo Vescovo Gianni,

a nome di tutta la Chiesa di Piacenza – Bobbio Le porgo il più grande e affettuoso benvenuto.
Oggi siamo in festa e ci stringiamo attorno a Lei: nella storia della nostra cattedrale è la seconda volta che la comunità diocesana ha la gioia di partecipare all’ Ordinazione del proprio Vescovo.
Con Lei vogliamo innanzitutto ringraziare il Signore. E’ la sua Grazia che alimenta la vita della nostra Chiesa, è la sua Grazia che ha compiuto in Lei meraviglie e che La sosterrà nel servizio che sta per iniziare.
Tra poco con l’ Ordinazione episcopale sarà inserito nella lunga e feconda catena della successione apostolica. Al successore di Pietro, Sua Santità Benedetto XVI, va la nostra sincera e profonda gratitudine per averLa scelta come Vescovo della Chiesa di Piacenza- Bobbio. Di fronte alla chiamata che, tramite il Santo Padre, il Signore Le ha fatto, Lei ha pronunciato nuovamente il sì come quando ha iniziato il Suo ministero sacerdotale. Grazie per questa disponibilità, grazie per la Sua venuta tra noi e per il servizio di Maestro e di Pastore che ha accettato di svolgere.
Un grazie sincero a Sua Eminenza il Card. Tarcisio Bertone, che presiede questa celebrazione e a tutti i Vescovi concelebranti; un saluto particolare ai Cardinali e ai Vescovi piacentini, a Mons. Enrico Masseroni, Arcivescovo di Vercelli e a Mons. Monari, che per dodici anni ha guidato la nostra Diocesi: con la loro presenza esprimono vicinanza ed amicizia a Lei e alla nostra comunità e rendono visibile l’unità e la cattolicità della Chiesa. Grazie alla Sua famiglia, in particolare alla Sua mamma, che ha deciso di accompagnarLa nella nuova missione affidataLe.
In questa cattedrale oggi sono raccolte molte persone di una Chiesa e di un territorio che Lei, Eccellenza, ha già cominciato a conoscere ed amare nelle settimane scorse e che da oggi sarà la Sua nuova casa e la Sua nuova famiglia. Ci auguriamo, con l’aiuto del Signore, di essere capaci di mostrarLe concretamente il nostro legame, il nostro affetto, la nostra grata collaborazione.
Nella preghiera si uniscono a Lei anche coloro che non possono essere presenti: i piccoli, i sofferenti, gli ammalati. Molti di loro ci stanno seguendo attraverso i mezzi di comunicazione.
Abbiamo una Chiesa bella da presentarLe, fecondata dal sangue dei Martiri Antonino e Giustina, illuminata dalla predicazione di San Colombano e dei suoi monaci, guidata da esemplari Pastori, tra i quali S. Antonio Gianelli e il Beato Giovanni Battista Scalabrini, animata da una schiera di Santi religiosi e laici.
Questa preziosa eredità è per noi invito ad essere una comunità cristiana, che vive il tempo presente nella consapevolezza delle difficoltà ma anche cosciente dei doni che la caratterizzano. Attraverso l’azione dei presbiteri, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, dei singoli laici e delle aggregazioni laicali, degli uffici diocesani, delle diverse opere missionarie, caritative, catechistiche, contemplative, ci impegniamo a testimoniare il Signore Risorto, nostra unica speranza, agli uomini di oggi.
Vogliamo, con entusiasmo, camminare insieme con Lei sulle orme di Cristo; vogliamo, attraverso la Sua guida, crescere come Chiesa capace di comunione, collaborazione, corresponsabilità a livello parrocchiale, di unità pastorale e di diocesi, crescere nella capacità di discernimento, e nello stile di servizio, per una testimonianza coraggiosa e amorevole.
Da Lei guidati vogliamo continuare a seguire, come discepoli gioiosi, il Signore Gesù, il Figlio amato del Padre. La vita del credente, come ci ricorda nel Suo stemma episcopale, è sequela di Cristo, che chiede apertura del cuore, capacità di amare, coraggio di muoversi e di vivere come pellegrini.
Affidiamo al Signore, invocando l’ intercessione di Maria, venerata come Madonna del nostro popolo, il Suo servizio e il Suo magistero episcopale, certi che la grazia divina ci sosterrà nel cammino che ci attende.

Il saluto del vescovo Ambrosio al sindaco Reggi

Signor Sindaco,

giunto in questa suggestiva piazza, ho il cuore pieno di meraviglia e di gioia. Di meraviglia innanzi tutto, per la bellezza di questa Cattedrale, davvero maestosa, costruita dal popolo di Piacenza, in particolare dalle Corporazioni di Arti e Mestieri. Di gioia poi – e di gioia davvero grande - perché nel disegno della Provvidenza questo popolo operoso, che ha voluto contribuire all’edificazione della propria Cattedrale, è il popolo che il Signore mi ha affidato.
Sono lieto e onorato, Signor Sindaco, di venire a far parte di questa comunità. Vengo come un pellegrino che trova qui la terra ospitale, la sua casa, la sua famiglia. Vengo come un cittadino che desidera inserirsi in questa civitas ricca di storia e protesa al futuro, come Lei ha molto bene evidenziato.
Come membro di questa comunità civica, mi sento impegnato a lavorare con tutti per il bene della città, dei suoi cittadini, di tutti gli abitanti di questa terra.
Come Pastore di questa Chiesa, assicuro la collaborazione mia personale e di tutta la comunità ecclesiale. Nel dialogo sereno e rispettoso si cercano insieme le strade per realizzare quel bene comune che favorisce la crescita civile, etica e culturale della nostra popolazione, con particolare attenzione ai nostri giovani e alla questione educativa e con particolare solidarietà nei confronti delle persone più deboli.
Mi sia concesso ricordare qui, in questo primo incontro cui seguiranno tanti altri, la sapienza antica espressa nel salmo 127 e attribuita a Davide, il re-pastore di Israele: “Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Sal 127,1). Sapienza antica e profonda, dicevo, e, mi permetto di aggiungere, sapienza quanto mai attuale.
Il saluto e l’augurio che Lei, signor Sindaco, mi ha cortesemente rivolto a nome di tutta la città, sono di grande conforto e di stimolo per il mio ministero, e gliene sono sinceramente grato.
Saluto e ringrazio tutti i sindaci dei comuni della nostra vasta diocesi.
E ringrazio di cuore il Sindaco di Santhià, mia città natale, come quello di Carisio ove risiede la mia famiglia.
Saluto e ringrazio il Signor Prefetto, il presidente della Provincia di Piacenza e il presidente della Provincia di Parma, tutte le autorità civili e militari che con la loro presenza onorano questo mio primo contatto con la gente piacentina.
Rendendo omaggio al nuovo Pastore, voi onorate, al di là della mia persona, la Chiesa di Piacenza-Bobbio che tanta parte ha avuto nella storia del popolo piacentino-bobbiese. E questa comunità ecclesiale continuerà il suo impegno per essere forza vitale della società, come ‘sale della terra’ e ‘anima del mondo’ (cf. Lettera a Diogneto).
Incamminiamoci ora verso la Cattedrale ove, dinanzi all’altare, ci rivolgeremo al Padre perché venga incontro alle nostre giuste aspirazioni.

Il saluto dei giovani al vescovo Ambrosio

Saluto al vescovo mons. Gianni Ambrosio
da parte di Elisa Ghiadoni e Marco Vino,
in rappresentanza dei giovani della diocesi


Benvenuto tra noi, vescovo Gianni!

La Diocesi di Piacenza-Bobbio, dopo averti atteso, ti accoglie oggi con gioia come dono del Signore.
Vestigia Christi sequentes: sulle orme di Cristo.
Ti ringraziamo per le parole che hai scelto per il tuo motto episcopale.
Al primo posto, poni Lui, Cristo, richiamando così la nostra attenzione e indirizzandola immediatamente dove anche tu non vuoi smettere di guardare, a quel centro attorno al quale ruota tutta la nostra vita e quella della nostra Chiesa.
E’ da Lui, Cristo, che desideriamo sempre di nuovo lasciarci incontrare, per essere pietre vive della sua Chiesa e cristiani che nel mondo testimoniano la gioia di stare dalla parte delle ragioni del vivere e del credere, certi che “ogni agire serio e retto dell'uomo è speranza in atto”.
Ti auguriamo di cuore di poter sentire oggi, e da oggi tutti i giorni, l’abbraccio buono del Mistero che Gesù ha portato nel mondo. Di poter contemplare, anche nei volti per te nuovi della Chiesa piacentina, il volto dell’unico Signore e maestro. Di poter sperimentare, nelle croci e nelle gioie dell’episcopato, quella conformazione a Cristo che ci hai voluto indicare come traccia sicura di cammino, proponendoci di seguire, insieme, le sue orme.

Sulle orme di Cristo, recitano le parole che hai scelto come motivo del servizio episcopale.
Le orme di Cristo sono quelle che ti hanno e ci hanno portati sino a qui ed è da qui che, con te, vogliamo oggi ripartire.
Nella storia della nostra Chiesa di Piacenza-Bobbio abbiamo camminato: in essa riconosciamo i segni della grazia e dell’amore di Dio. Ci piacerebbe rileggerla con te, questa storia, e rendere grazie per le orme già tracciate. Queste orme, tanto fedeli nella sequela da poter essere considerate quelle di Cristo stesso, non vogliamo dimenticarle, ma desideriamo continuare a camminare insieme sulla via già aperta.
Nessuno è solo in questo nuovo inizio. Possiamo dirlo senza incertezza alcuna: non solo perché noi possiamo contare su di te come tu puoi contare su di noi, sulla nostra più completa disponibilità e amicizia, ma perché insieme possiamo contare sulla storia benedetta della nostra Chiesa, che ha lasciato segni indelebili nati dalla fedeltà alla promessa che Dio ci ha fatto.
Ci siamo, cammina con noi!

Il richiamo a seguire le orme di Cristo ci porta con gioia a guardare avanti, al cammino da percorrere insieme negli anni a venire.
Per questo ti chiediamo, con le parole di Sant’Agostino, di essere con noi cristiano e per noi vescovo.
Sentiamo vivo il desiderio di continuare a ricercare orme che orientino il nostro cammino, rendendolo meno incerto: in questa ricerca sta il desiderio di senso che, ne siamo certi, abita il cuore di ogni uomo.
Abbiamo bisogno che tu condivida con noi la misura altamente umana di questo desiderio, ma ti chiediamo anche di essere per noi pastore: non sempre, infatti, nella complessità che viviamo, è facile discernere le orme di Cristo per camminare alla sua sequela. Abbiamo imparato, nei secoli della storia e negli anni appena trascorsi, a cercare nel Vescovo la guida sicura verso la verità, che sempre ci precede e ci viene incontro, ma anche la pazienza del padre, capace di accoglierci in un abbraccio misericordioso e la voce che illumina e rende viva la Parola del Vangelo.
Queste orme le vogliamo seguire insieme, come Chiesa di Piacenza Bobbio.
Sappiamo che non sarà sempre facile camminare uniti: da soli sembra a volte di fare meno fatica e ci si illude di arrivare più in fretta alla meta.
Per questo ti chiediamo, quando incontrerai la realtà della nostra Chiesa anche nelle sue differenze, di essere tra queste punto di riferimento e segno di unità.
Ci affidiamo al Signore affinchè in questo cammino non ci vengano mai a mancare la consolazione della comunione con i fratelli nella fede, ma anche la sincerità e la stima reciproca per stare nella compagnia degli uomini.

Come hai visto, vescovo Gianni, ad accoglierti ci siamo anche noi giovani: vogliamo esprimere la nostra gioia per il tuo arrivo e vogliamo dirti il nostro desiderio di camminare con te.
Ti abbiamo accolto gioiosamente perché ci piace pensare alla fede con gioia e alla Chiesa come ad un luogo accogliente. Certo, non vogliamo illuderci ed illuderti: non è sempre così la nostra Chiesa, né è sempre facile il nostro cammino in essa.
Nell’attesa di poterci incontrare e conoscere più da vicino, fin d’ora ti diciamo grazie per aver accettato di essere per noi maestro e padre e con noi fratello e compagno di strada, disposto a prenderti a cuore le nostre molte domande e poche certezze, il nostro grande desiderio di autenticità e di una vita spesa in pienezza.
Ti attendiamo nelle nostre parrocchie, nei nostri movimenti e associazioni, a scuola e all’università. Non stancarti di cercare anche quei giovani che sembra non vogliano farsi trovare. Abbiamo bisogno che qualcuno ci doni fiducia, anche se sbaglieremo per la nostra inesperienza. Ti mettiamo a disposizione la nostra fragilità, non come un ostacolo da aggirare ma come un desiderio da abitare, una speranza da sostenere.
Siamo fragili, ma convinti che, proprio in questa fragilità, chieda di essere seminata quella Parola che a te è stata affidata. Non smettere mai di donarcela. Non stancarti delle nostre fatiche, non temere le nostre resistenze e i nostri errori: sono spesso il tentativo di dire la nostra voglia di vivere, la nostra sete di infinito, il nostro desiderio di sentire che il Vangelo è proprio quella parola che può renderci forti e sereni.

Ci siamo, vescovo Gianni! Cammina con noi!
Grazie per aver accolto questa nuova chiamata del Signore: che Egli possa illuminarti con il suo Santo Spirito, che oggi scenderà su di te, come maestro sapiente e pastore buono.
Benvenuto a Piacenza!

Il saluto del sindaco Reggi al vescovo Ambrosio

Eccellenza,
è con profonda emozione che, anche a nome della collettività piacentina, sono lieto di porgerLe il benvenuto nella nostra città, che oggi La accoglie con sincera e gioiosa partecipazione. Oggi festeggiamo il Suo ingresso nella nostra Diocesi e desidero quindi esprimere con queste parole la vicinanza, l’affetto, l’abbraccio ideale di tutti i piacentini, sottolineando, nel contempo, la storia e le eccellenze di una realtà bimillenaria quale è Piacenza.
Terra di papi, come Gregorio X, guelfa per vocazione, nel Cinquecento visse il dominio dei Farnese. Qui crearono il loro avamposto militare proprio come avevano fatto i legionari romani nel 218 a.C., quando fondarono la città per contrastare le truppe di Annibale. Una città dove i mercanti, nel Medioevo, si fecero conoscere in tutta Europa per la loro intraprendenza commerciale ed economica. Piacenza batteva addirittura moneta e teneva un’università.
Nei secoli, questa città è stata crocevia di razzie spagnolesche, francesi e asburgiche, ma anche luogo di transito di pellegrini ansiosi di conoscere il messaggio di Cristo: perché da queste parti la via Francigena ha avuto un ruolo importante per la storia e la cultura cristiana. Il suo patrono, S. Antonino, è un martire cristiano che difende gli ideali della fede e proprio per questo viene ucciso.
Eccellenza, chi non ha memoria del proprio passato non può essere padrone del proprio futuro, perché, come diceva Enzo Biagi “la vita è memoria”.
Durante il Risorgimento, Piacenza si distinse per l'annessione al nascente Regno d'Italia, con un plebiscito in cui la quasi totalità dei votanti scelse di seguire le sorti del Piemonte, tant’è che per questa ragione fu nominata la Primogenita. Spettò alla cultura, un ruolo fondamentale nel rimarcare e diffondere lo spirito volto, nell’Ottocento, all’unità nazionale, e, nel secolo scorso, alla ricerca di un’identità comune europea.
E anche la Chiesa piacentina ha confermato, con la sua storia, quello stesso legame profondo e inscindibile tra cultura e società. In questa città è nato il cardinale Giulio Alberoni, il quale decise di lasciare in dono a Piacenza il collegio a lui dedicato; un’istituzione che nel tempo ha formato prelati e porporati, alcuni dei quali hanno poi prestato il loro servizio a Sua Santità.
Negli anni, il confronto tra Chiesa e mondo laico ha prodotto fermenti culturali e sociali di rilevante importanza. Non a caso, questa terra, per tradizione e per vocazione, ha visto affermarsi grandi personalità ecclesiastiche: dal Beato Giambattista Scalabrini, che ha dedicato la sua opera ai migranti del secolo scorso, al cardinale Agostino Casaroli, uomo del dialogo tra la Chiesa e l’Est europeo prima della caduta del Muro di Berlino, fino al cardinale Ersilio Tonini, che con la sua spiccata capacità comunicativa porta le parole del Vangelo ai giovani, anche attraverso i media.
Discreta e sfuggente alle classificazioni, Piacenza è stata definita “terra di passo”, anche da Leonardo Da Vinci, per la sua posizione strategica, crocevia tra regioni diverse. Ciò, tuttavia, non ha impedito ai piacentini di esprimere una propria identità, fondata sui valori della libertà, della giustizia sociale, della solidarietà, della tolleranza e della pace.
Piacenza, nel rispetto dei ruoli che ciascuno occupa a livello istituzionale, indossa un abito intessuto di quella generosità silenziosa e concreta che caratterizza il volontariato, con le sue numerose associazioni pronte a intervenire in favore degli ultimi e dei deboli, sia sul nostro territorio che nei Paesi più lontani e bisognosi d’aiuto. La solidarietà nei confronti di popolazioni dilaniate dalla povertà e dalla guerra ci ha condotto a rafforzare, in particolare, il legame con l’Unicef e con altre organizzazioni umanitarie, che si concretizza nel sostegno diretto ed esclusivo a strutture di accoglienza rivolta alle ragazze e ai ragazzi di strada in Congo e in altre parti del mondo.
Un’attenzione, quella rivolta ai più piccoli, che si riflette anche in ambito locale, innanzitutto attraverso progetti mirati a restituire loro quegli spazi di socializzazione che l’evoluzione del territorio urbano rischia di cancellare. Una politica che considera i bambini al primo posto, e insieme a loro gli anziani, che rappresentano un quarto della nostra popolazione e ai quali vogliamo essere particolarmente vicini. Sia a coloro che sono indipendenti e attivi, ma soprattutto ai non autosufficienti, a quanti vivono situazioni di solitudine.
Piacenza sta cambiando volto: se è vero che è stata città di chiese e caserme, in questi ultimi anni è emersa una forte volontà di recupero agli usi civili delle aree militari e industriali dismesse, che potranno diventare spazi di aggregazione, accoglienza ed elementi di riqualificazione urbana.
Quanto alle chiese, voglio ricordare ciò che disse a proposito della basilica di S. Antonino lo scrittore Giorgio Manganelli: “E’ una meraviglia. E’ forse una delle meraviglie di Piacenza. Una chiesa di gran classe, nasce carolingia, si imparenta col Gotico… Qui si discusse della pace di Costanza tra gente teologica ed irta”. E non posso non citare la maestosità della Cattedrale, che oggi ci accoglie per questo evento di particolare importanza. In queste due chiese si impastano storia e cultura, romanico medio padano e rinascimento, vita e morte, mercanti senza tempo di un Medioevo lontano e gente comune, che ancora oggi fa di questi tesori il centro dei momenti di raccoglimento e di preghiera.
Poco distante dalla basilica patronale c’è il nostro teatro, il Municipale, che nel 2004 ha celebrato i duecento anni dalla nascita. Sul palco del teatro piacentino si sono esibiti i grandi nomi della lirica, della prosa e della concertistica, e ancora oggi si alternano grandi maestri capaci di attrarre, oltre agli appassionati di sempre, un pubblico giovane in forte crescita.
Una città è fatta di tante presenze più o meno evidenti, ma tutte ugualmente importanti. Tra queste realtà preziose c’è il 2° Reggimento del Genio Pontieri – presente da più di 120 anni a Piacenza – impegnato in missioni di pace in Kosovo e in Afghanistan, dove abbiamo pianto, recentemente, la scomparsa del maresciallo capo Daniele Paladini, brutalmente ucciso da quel fondamentalismo che ognuno di noi respinge con forza. I Pontieri ricostruiscono, ripristinano arterie stradali e nuovi ponti, e allora parlare di ricostruzione, in questo caso, significa guardare con fiducia al domani ma anche, inevitabilmente, ritornare con la memoria all’epoca in cui fu il nostro Paese a conoscere la devastazione della guerra. In quegli anni, il territorio piacentino poté contare sull’impegno e sul coraggio di oltre seimila partigiani. Al termine del secondo conflitto mondiale, la città pianse 926 caduti – molti dei quali giovani – e altrettanti feriti, in una strenua battaglia per la Resistenza contro il nazi-fascismo che le è valsa la Medaglia d’Oro al Valore Militare. E, prima ancora, la consapevolezza del sacrificio in nome della libertà e della democrazia.
Ideali altissimi, questi, già rivendicati nelle prime lotte operaie tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in una Piacenza che nel 1891 aveva visto sorgere la prima Camera del Lavoro d’Italia.
La svolta del XX secolo comportò un fervido impulso allo sviluppo economico: fiorivano, in città, le industrie manifatturiere, meccaniche e i bottonifici, dove venne impiegata anche e soprattutto la manodopera femminile. Gli archivi fotografici del tempo ci restituiscono profili di donne chine nei campi, su distese di pomodori o in fabbrica. La fatica quotidiana si rivelò un passo fondamentale nell’acquisizione di autonomia, e il lavoro fu, per quelle donne e ragazze fiere e forti, una conquista dura, ma essenziale, nel lungo cammino verso il riconoscimento della parità di diritti che conduce sino ad oggi: il mondo femminile è alla ricerca, con successo, di una propria dimensione professionale e politica, destinata a crescere e ad essere sempre più qualificata.
Nella nostra città, nei primi anni Cinquanta, sorse, come Ella ben sa, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, avviata da Padre Agostino Gemelli. Una realtà accademica che ben presto assunse dimensioni importanti. Gli studenti provenivano e provengono da tutta Italia. La Cattolica è da sempre un centro di eccellenza a supporto dell’industria agricola, che nel territorio piacentino ha avuto e ha tuttora un ruolo fondamentale, soprattutto nell’agroalimentare.
Un ulteriore elemento di pregio, per Piacenza, è costituito dalla presenza del Politecnico di Milano, che valorizza la nostra tradizione imprenditoriale nei settori della meccanica, dei trasporti e dell’energia.
L’economia del nostro territorio risente delle sofferenze esistenti a livello nazionale, ma la qualità delle aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, che Ella avrà modo di conoscere, è all’avanguardia e ci consente di guardare con fiducia al futuro. Inoltre, si sta ampliando una rete di infrastrutture moderne, adeguate alle esigenze delle realtà che portano lavoro e occupazione in questo contesto in espansione. Non possiamo però dimenticare che anche qui, come in ogni città italiana, esistono sacche di povertà e di emarginazione. La qualità della vita è buona, è vero, ma di questi tempi la crisi coinvolge soprattutto i più deboli e i meno abbienti, che dobbiamo mettere in condizione di migliorare la loro situazione sociale.
Favorire la coesione sociale significa anche procurare un ambiente sicuro ai propri concittadini, attraverso la riqualificazione e la ricostruzione urbana, e servizi basilari in campo educativo, sociale e culturale.
Mi rivolgo dunque a Lei, Eccellenza, chiedendoLe di accompagnarci in questo difficile percorso, nel tentativo di dare conforto a chi ne ha realmente bisogno e di far sì che coloro che vivono in situazioni di privilegio abbiano la giusta sensibilità per una città più solidale, più equa e meno rintanata in quell’individualismo che è il male del nostro tempo.
In questa terra di confine, crocevia di culture e tradizioni, che oggi si interroga sulla crescente complessità del mondo e della società contemporanea, il dialogo tra laicità e spiritualità rappresenta da sempre uno stimolo prezioso alla riflessione e al dibattito pubblico. Sono certo che a Piacenza potrà trovare una comunità aperta all’ascolto e desiderosa di condividere, insieme a Lei, un percorso di crescita interiore e riscoperta di valori essenziali quali la carità cristiana, l’incontro con la diversità, l’attenzione alle necessità di chi vive situazioni di disagio, solitudine e povertà.
Eccellenza, un’ultima considerazione. Ella è un viaggiatore, porta tra la gente la parola di Dio e, come diceva William Shakespeare, “quelle dei viaggiatori non furono mai frottole, anche se qualche pazzo sedentario non è disposto a crederle”. Ecco, insieme possiamo dare un senso a questo viaggio continuo, in una Piacenza che deve crescere e far sì che i “sedentari”, intesi come coloro che rifiutano il cambiamento e si richiudono nel loro immobilismo, siano sempre meno.
Anche con questo intento, farò il possibile, come sindaco, affinché la collaborazione tra mondo laico e cattolico prosegua proficuamente, come è avvenuto in passato. Perché anch’io sono convinto, come Ella ha affermato in un suo intervento che ho avuto il piacere di leggere, che “il segreto è guardare la realtà sapendo vedere, nelle piccole trasformazioni di ogni giorno, il fondamento di una speranza grande”.
Grazie.

Buon episcopato sulle orme di Cristo

Buona giornata a tutti. Oggi monsignor Gianni Ambrosio viene ordinato vescovo nel duomo di Piacenza (ore 16) e, subito dopo, prende possesso della diocesi. A lui e a tutti i suoi collaboratori gli auguri di un grande episcopato "sulle orme di Cristo".

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