sabato 4 settembre 2010

I proiettili di San Pietro, un pezzo di storia della Liberazione

Svelato il mistero dei proiettili sul campanile di San Pietro. Dopo l'articolo scritto su Libertà, si è fatto vivo un ex partigiano piacentino che, in una lettera scritta di pugno, ha spiegato la sua versione. Quei colpi provenivano dalla sua mitragliatrice. Aveva avuto l'ordine di sparare, nel giorno della Liberazione di Piacenza, a scopo intimidatorio contro eventuali cecchini. Un paio di telefonate a reduci dell'epoca e la versione è stata ritenuta plausibile. Ecco l'articolo uscito su Libertà. Un piccolo pezzo è stato, forse, ricomposto nel puzzle della storia piacentina.


I fori di proiettile trovati sulla sommità del campanile di San Pietro appartengono alla storia della Resistenza piacentina e vennero verosimilmente sparati da un partigiano nel giorno della Liberazione dai nazi-fascisti. Dai restauri emerge dunque un altro piccolo frammento della storia della città. E' di qualche settimana fa la notizia del ritrovamento di fori di proiettile sul rivestimento in rame della torre campanaria. Oggi si apprende che, secondo una testimonianza, risalgono al giorno della Liberazione: il 28 aprile del 1945. «Fui io a sparare» ricorda l'ex partigiano Giovanni Nicolini, che oggi vive il tempo dei capelli bianchi nel centro di Piacenza, proprio a poche decine di metri dal campanile colpito. Era il 28 aprile del 1945 e, dopo tre giorni di battaglia con oltre cento morti tra partigiani, nazi-fascisti e alleati, le truppe della Resistenza entravano in città da varie parti: via Veneto, la Galleana, via Emilia Parmense, via Emilia Pavese. Il grosso delle forze occupanti aveva già oltrepassato il Po iniziando la fuga.
«Ricevetti l'ordine dal comandante Giuseppe Prati (detto, per l'appunto, il Liberatore, ndr.) di salire sulla torre ottogonale di Sant'Antonino - racconta Nicolini -. Da lì, con una mitragliatrice, iniziai a sparare raffiche in aria da ogni lato della torre a scopo intimidatorio, per far capire ai cecchini che c'eravamo noi. Penso proprio che quei proiettili siano della mia mitraglia». Il racconto è confermato anche da altre fonti oculari di quella giornata: si sa, ad esempio, che il medesimo ordine venne impartito anche ad un altro partigiano che salì con la mitragliatrice sul campanile del Corpus Domini.
«Questi racconti fanno riflettere - evidenzia il parroco di San Pietro, don Giuseppe Frazzani -, si vede come le nostre chiese siano state al centro di ore drammatiche solo poco più di sessant'anni fa».
Proseguono a pieno ritmo, intanto, i lavori di restauro del campanile che hanno la supervisione di don Giuseppe Lusignani, direttore dell'Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici della diocesi.
«I restauratori hanno già cominciato a fare la prima pulitura dei fronti esterni - spiega - rilevando con precisione le sagome delle varie cornici. Emerge una situazione critica dal punto di vista dell'apparato ornamentale sul quale siamo arrivati in tempo evitando che degenerasse». «A livello strutturale abbiamo poi constatato che il campanile non ha problemi di staticità - prosegue - ma che è sufficiente un lavoro di pulitura, di consolidamento e di eventuale ripristino dell'ornato. Ecco perché tempi e costi dovrebbero essere tranquillamente rispettati». I 47 metri della torre verranno dunque restituiti a Piacenza entro Natale. Entro tale data si spera di rafforzare adeguatamente il fondo della parrocchia raccolto dai fedeli, che oggi è a quota 37.500 euro. Con i 160mila della diocesi provenienti dall'8 per mille si raggiunge la metà del costo complessivo. Al resto ci deve pensare la Provvidenza. Entro Natale terminerà anche il consolidamento del lato sud del Duomo di Piacenza. Qui i lavori sono pagati interamente dallo Stato. Bisognerà poi proseguire con il lato nord (sempre con il consolidamento del materiale lapideo). Nei prossimi mesi dovrebbero partire anche altri programmi di restauro. «I più urgenti - si dice soddisfatto don Lusignani - sono però terminati. La torre e la facciata di San Francesco, la torre di San Pietro, la parrocchia di Santa Brigida, il Duomo, li abbiamo affrontati tutti».
Federico Frighi


Libertà, 03/09/2010