domenica 28 ottobre 2007

Santini, inseguendo il Papa viaggiatore

Intervista ad Alceste Santini, vaticanista l'Unità

Inseguendo il Papa viaggiatore

"Ha umanizzato la Chiesa confrontandosi coi poveri"


da Libertà, 4 marzo 2001


Alceste Santini, da quasi quarant'anni «vaticanista» de “l'Unità”, è stato l'unico giornalista che, nel periodo della Guerra Fredda, poteva permettersi di dialogare con Mosca e con il Vaticano nel medesimo tempo. Grande amico del braccio destro di Giovanni Paolo II, quel monsignor Agostino Casaroli di cui fu certo anche consigliere ed informatore privilegiato, ma nello stesso tempo uomo di fiducia di un sistema partitico che aveva ne “l'Unità” il suo organo di informazione ufficiale. Cose politiche e cose religiose, un connubio non facile: «Non è stato mai difficile parlare di un Papa su un giornale di partito - assicura -. Mi sono sempre posto di fronte al pontefice ne più ne meno di come un altro giornalista si pone di fronte alla cronaca, alla politica o ad altre questioni». Per molti altri, tuttavia, è una tentazione, quasi in odore di zolfo, in cui si cade sempre e regolarmente. Specie nell'imminenza di elezioni politiche delicate come quelle che stanno per arrivare. Quando un segretario di Stato come il cardinale Angelo Sodano convoca prima Rutelli e poi Berlusconi ed annuncia che seguiranno tutti i leader dei vari partiti politici che cosa significa? Che le consultazioni non si tengono più sul Quirinale ma sul Vaticano? «E' stata una vera e propria gaffe. Il cardinale Casaroli non ci sarebbe mai caduto. Lo stesso papa Wojtyla, durante il suo terzo viaggio in Brasile, nel '91, disse che spetta ai laici compiere, in piena libertà ed autonomia e responsabilità, le loro scelte sociali e politiche. Questo perché, per usare sue parole, “un'interferenza diretta da parte di ecclesiastici o religiosi nella prassi politica, o l'eventuale pretesa di imporre, in nome della Chiesa, una linea unica nelle questioni che Dio ha lasciato al libero dibattito degli uomini, costituirebbe un inaccettabile clericalismo”. La stessa cosa vale per quei fedeli laici che, nelle questioni temporali, pretendessero di agire, senza alcuna ragione o titolo, in nome della Chiesa, come suoi portavoce o sotto la protezione della gerarchia ecclesiastica».- Ciò non toglie che nel mondo politico odierno i voti dei cattolici sono sempre corteggiatissimi. Non le pare? «Questo Papa, sul piano delle scelte sociali ha riempito un vuoto lasciato da un mondo che è crollato, quello dell'est, che dapprima rappresentava una certa speranza, l'idea socialista, poi tradita nella sua realizzazione pratica. Una volta caduto quel mondo, i partiti ed i movimenti di ispirazione socialista sono rimasti disorientati. Il Papa ha riempito quel vuoto, sia per le cose che ha detto, sia per l'autorità morale che rappresenta. Un esempio per tutti: di fronte a Clinton, Wojtyla disse espressamente di non potere accettare il liberismo economico ed il mercato selvaggio, perché tende ad escludere larga parte dell'umanità fino ad eliminare i più deboli. Fu un'affermazione fortissima che la sinistra che noi oggi conosciamo in Europa, non dice». - E' un Papa più di destra o di sinistra? «Non lo classificherei né da una parte né dall'altra. Abbiamo un Papa che dice cose che vengono portate avanti da una sinistra impegnata che però oggi non è in grado di rilanciare queste idee fondamentali per offrire una prospettiva; ma abbiamo anche un Papa nelle questioni della vita di coppia, del matrimonio, nella sessualità, nella genetica rimane legato alla tradizione». - Lei ha seguito e raccontato la vita di papa Wojtyla per 92 viaggi che, come scrive nel suo libro, hanno cambiato la geografia del mondo. Chi è per lei Giovanni Paolo II? «E' un Papa che ha umanizzato la Chiesa confrontandosi con popoli e tradizioni diverse, favorendo la partecipazione e la collegialità. E' un uomo di grande preghiera e di spiritualità. Ha un atteggiamento interiore che lo spinge a relazionarsi con tutte le persone a prescindere dal loro modo di pensare. Ha detto lui stesso che frammenti di verità stanno in tutte le culture e le religioni. Sta ai cristiani a ricostruire l'unico grande mosaico». - Che cosa ha rappresentato il Giubileo del 2000? «Quello del 1950 fu celebrato nel segno del ritorno all'unica chiesa, escludendo ebrei, musulmani, protestanti, comunisti scomunicati. Il Giubileo appena concluso è stato all'insegna di un grande dialogo con tutte le categorie sociali e le religioni. A maggio, non a caso, ha convocato il concistoro straordinario con tutti i cardinali per analizzare i due grandi temi del futuro: quello della collegialità e quello dell'ecumenismo». - Giovanni Paolo II quale eredità lascerà al suo successore? «Il futuro Papa non potrà più rimanere dentro le mura del Vaticano, dovrà continuare questi viaggi, ad andare incontro alle genti. Ha dato una prima indicazione: il primo millennio è servito affinché il cristianesimo da Gerusalemme arrivasse a Roma, il secondo millennio perché si affermasse in America Latina ed Africa, il terzo millennio in Asia, dove vivono tre miliardi e mezzo di persone, di tradizioni culturali e religiose diverse, ma dove i cattolici sono poco più di 100 milioni». - Si dice che il prossimo Papa sarà un latino americano. Che cosa ne pensa? «E' possibile: il baricentro del cattolicesimo mondiale ormai si è spostato nell'America Latina, dove vive più della metà del miliardo e 40 milioni di cattolici presenti nel mondo. Fare un nome è molto difficile ed anche poco serio. E' da sei anni che ci proviamo ma questo Papa continua a regnare. Si può solo dire che il collegio cardinalizio è Wojtyliano, non c'è più un cardinale creato da Giovanni XXIII e ne sono rimasti solo una ventina fatti da Paolo VI. Il conclave, quando sarà il momento, valuterà la situazione politica mondiale e sceglierà la persona più adatta».
Federico Frighi

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