lunedì 15 ottobre 2007

Monari vescovo di Brescia con Piacenza nel cuore


L'ex vescovo di Piacenza-Bobbio è ufficialmente
il nuovo pastore di Brescia

"Piacenza mi sarà sempre nel cuore"
Monari: qui fedeli di tre città, la Chiesa è universale

da Libertà, 15 ottobre 2007

BRESCIA - "Grazie perché mi siete vicini, io ho dato la mia vita per voi, siete diventate delle persone care». Sono le ultime parole di un lungo pomeriggio di ottobre in cui monsignor Luciano Monarida vescovo di Piacenza-Bobbio è diventato il pastore della diocesi di Brescia. Sono proprio per i piacentini, queste parole, per il presidente della Provincia Gianluigi Boiardi e per il sindaco Roberto Reggi, in primissima fila; entrambi con le rispettive fasce: azzurra e tricolore, da presidente e da sindaco di tutti. Una panca indietro c’è l’assessore Paolo Dosi, poi, in un settore dedicato, ci sono i tanti piacentini che hanno voluto accompagnare il loro ormai ex presule, nella sua nuova diocesi.«E’ bello vedere qui riuniti, in questa cattedrale, bresciani, piacentini, reggiani, è il segno che la chiesa supera gli interessi di parte, che la chiesa è universale» dice Monari dal pulpito. La cerimonia, nella cattedrale nuova, era cominciata ben prima. Monari diventa ufficialmente vescovo di Brescia quando le lancette dell’orologio scoccano le ore 17 e 38 di domenica 14 ottobre. Termina la lettura della bolla papale. Dalle navate della cattedrale nuova si leva un lungo ed affettuoso applauso. Da questo preciso momento Brescia ha il suo nuovo pastore. Qualche sacerdote si commuove. Dopo 12 anni, viene un poco di magone dentro. Già, perché Monari a Brescia non ci ha messo molto a fare breccia. Partito un poco intimorito nel tour de force di avvicinamento alla cattedrale, è in piazza Paolo VI, la piazza del duomo bresciano, che il presule si scioglie. Una folla di oltre duemila giovani lo accoglie festoso e Monari scende dalla macchina cantando i loro cori. E’ un gesto, ripreso dal maxi schermo, che fa comprendere ai bresciani come quel signore vestito con lo zucchetto e la cotta viola sia uno di loro. Nonostante quella “s” grassa e grossa da sassolese che qui, nella città “leonessa d’Italia”, viene scambiata per piacentina. Sul sagrato della cattedrale, ad attendere Monari, l’intero “stato maggiore” della Chiesa bresciana, con un’ospite d’eccezione, il cardinale Camillo Ruini, vicario di Roma, già presidente dei vescovi italiani. Il porporato si riunirà poi agli altri otto vescovi concelebranti, tra i quali l’ausiliare di Brescia, Francesco Beschi, il segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, l’arcivescovo “piacentino” Piero Marini, già cerimoniere del Papa ed oggi presidente dei Congressi eucaristici, il vescovo di Vigevano Claudio Baggini e gli ausiliari di Milano Brambilla e Redaelli. I giovani di Brescia chiedono a Monari di essere il loro padre e la loro guida, di far crescere gli oratori, di stare con loro. Il presule non esita e, dopo aver lanciato verso il cielo due colombe bianche – la terza non ne vuole sapere – promette ai ragazzi di far conoscere loro Gesù. «Io lo conosco un pochino – dice - ma oggi ho 65 anni e posso farvelo conoscere da uomo della mia età. Starà a voi giovani far diventare giovane Gesù Cristo». Sul sagrato la promessa di fedeltà ai bresciani: «Il Papa mi ha mandato qui per questo servizio ed io l’ho accettato volentieri. Ormai ho una certa età e non sono qui per far carriera, rimarrò con voi per i prossimi dieci anni che mi restano da vescovo». A Brescia erano preoccupati di voci che davano Monari solo di passaggio. Tre anni poi, al pensionamento del cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, la promozione sotto la Madonnina. Magari qualcuno ci ha pensato. Monari però tranquillizza e promette fedeltà ai bresciani. Lo ripete, dopo il Vangelo: Gesù che guarisce dieci lebbrosi ma solo uno viene salvato. «L’unico che riconosce la guarigione come un dono – dice Monari – e che ritorna a ringraziare. E’ questo che ci insegna la parola di oggi: non mi interessa diventare ricco o fare carriera, ma solo vivere un’esistenza riconoscente e ringraziare il Signore. Così sono venuto a Brescia».
Federico Frighi

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