martedì 25 marzo 2008

Ambrosio: il mondo è troppo lento, la Pasqua ci invita a correre

Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia di monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, pronunciata il giorno della Pasqua del 2008 nel duomo di Piacenza.

La Pasqua, con l’annuncio della Resurrezione, è la festa per eccellenza del Cristianesimo, il principio di ogni festa cristiana, il cuore della nostra fede. Nell’augurio pasquale c’è il mistero di Gesù Cristo, morto e risorto, il riconosimento della fedeltà di Dio padre per il suo figlio Gesù Cristo e di tutti noi. Abbiamo urgente bisogno di lasciarci sorprendere dall’annuncio pasquale (come dice l’evangelista giovanni usando il verbo "correre") senza arrenderci all’evidenza della morte, senza cadere sotto il peso del male, dell’ingiustizia, delle cose che non vanno. Bisogna correre per andare incontro al Signore risorto, per vivere veramente la Pasqua nella sua dimensione di vita nuova e di speranza vera. Appena Maria di Magdala giunge al sepolcro vede che la lastra pesate è stata ribaltata. Subito corre per gridare la sua tristezza, lo hanno portato via. Anche Pietro e Giovanni corrono insieme verso il Sepolcro, una corsa che esprime bene l’ansia di vita nuova. Anche noi riprendiamo a correre. La nostra andatura è diventata troppo lenta, troppo pesante. In ogni ambito emerge la paura di rischiare, in ogni settore domina la pigrizia di un realismo triste che che non fa sperare più nulla. Siamo rassegnati a tutto e il peggio ci sembra inesorabile. La nostra cultura è attraversata da fredde correnti di indifferenza, di disistima, di disimpegno. Biosgna uscire da ogni cenacolo dalle porte chiuse. La Pasqua è anche fretta, l’amore fa correre veloci. È giunto il momento in cui scoprire nel crocifisso il Risorto, di sentire la sua presenza, di vivere alla luce della speranza, è giunto il momento della fede, della fede cristiana, per cui non bastano più gli occhi di sempre, quelli carnali, ma servono gli occhi della fede. È giunto il momento in cui far valere per noi, per l’umanità intera, quel lievito nuovo che fa fermentare tutta la Pasqua. A noi cristiani del terzo millennio è rivolto il monito di Paolo: «Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tuttaa la pasta? Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. È davvero giunto il momento in cui è necessario questo lievito nuovo, fatto di amore e di verità per l’uomo, rischiosamente esposto alle varie tentazioni che invitano a deturpare l’umano, a ridurlo a semplice cosa. L’apostolo Paolo conclude il suo invito dicendo: Cristo nostra Pasqua è stato immolato. Sono parole in cui l’apostolo, con grande semplicità, dice che in Cristo, nostra Pasqua, tutta la nostra realtà umana è stata radicalmente trasformata; quanto è accaduto in lui è destinato ad accadere in ogni uomo. Il lievito nuovo della Pasqua, rende nuova la Pasqua, rende nuova la pasta, la storia umana, quella vecchia, fatta di peccato, è destinata alla corruzione. Quella nuova non conosce come suo destino ultimo la corruzione per la presenza del Cristo risorto. La parola definitiva sulla nostra esistenza è stata pronunciata: sarà vita per sempre.

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