giovedì 11 dicembre 2008

Padre Kizito: dalle baraccopoli si può uscire


Piacenza - «Torneremo qui ma solo per studiare. Vogliamo vivere in Kenya». Martin, 16 anni, per la prima volta è uscito dalla baraccopoli di Nairobi, per la prima volta ha visto l’Italia, Piacenza, la neve. È uno dei 18 ragazzi che, grazie all’ong Amani e a una rete di solidarietà, fa parte del Kivuli team, il gruppo che ieri era a Piacenza per la penultima tappa del suo tour in Italia.
Sono alcuni dei 60mila figli della povertà estrema che popolano la baraccopoli di Nairobi. Amani e il missionario comboniano padre Kizito Sesana ne hanno salvati 250 in alcune case famiglia mentre un altro migliaio vengono raggiunti direttamente nella bidonville. Hanno messo insieme uno spettacolo che fa parte delle attività extrascolastiche. «Alla radice di tutto c’è il grande discorso delle ingiustizie del commercio internazionale - osserva - di governanti che non governano per la loro gente ma sono intrappolati dalle grandi multinazionali. Ecco perché gli africani sono poveri». Una frase che vale più di mille conferenze e convegni. «Questi sono bambini che hanno perso la totale fiducia negli adulti e ne hanno tutte le ragioni - osserva padre Kizito -. Riconquistarla è assolutamente difficile». Il tour volge al termine, padre Sesana accenna ad un bilancio: «Questi bambini sono ragazzi ricchi di gioia, hanno tanto da dare.Uno dei nostri principi è quello di incoraggiare la loro creatività. Noi ci aspettiamo che imparino a vedere anche i problemi degli altri, che si creino una percezione del mondo e del modo con cui rapportarsi al mondo senza diventarne degli imitatori. Se succedesse diversamente sarebbe un disastro».
Padre Kizito è contento: «Abbiamo visto le realtà più belle, i bambini sono stati trattati benissimo, abbiamo visto gente desiderosa di mettersi al servizio, famiglie, alunni, insegnanti delle scuole medie. Abbiamo visto l’Italia migliore, mi piacerebbe pensare che fosse tutta così; sospetto però diversamente. I bambini hanno comunque percepito anche gli altri problemi, hanno visto gli africani in strada, fare i lavori peggiori, chiedere l’elemosina. Si stanno facendo un’idea ed è proprio quello che voglio io: vedere il mondo e comprenderlo con la loro testa». Un segno di speranza: «Senz’altro in Italia c’è tanto razzismo, l’ho letto e l’ho visto di persona, però c’è anche tanta gente che vuole superare questa situazione e mettere in pratica i principi cristiani dell’amore per il prossimo e dell’accoglienza. Oggi, anche a Piacenza, abbiamo fatto incontrare le due parti migliori del Kenya e dell’Italia».
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà di oggi 11 dicembre 2008
Si ringrazia Prospero Cravedi per la fotografia

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