martedì 17 febbraio 2009

Padre Durigon, senza proposte i giovani immigrati a rischio malavita

Piacenza - Génération involontaire è un’inchiesta ha coinvolto 868 ragazzi stranieri di Piacenza. Il lavoro ha visto un confronto iniziale con i giovani che partecipano alla “missio cum cura animarum” (la parrocchia dei migranti), poi si è allargato grazie all’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo. all’associazione Carmen Cammi Volontari per la Caritas, a Fiorenzuola oltre i confini, all’associazione La Ricerca, al Centro migranti Scalabrini “Porta sul mondo”.A differenza di quanto ci si aspettava, si è scoperto che a Piacenza non esiste ancora una seconda generazione di migranti, almeno nella fascia dai 14 ai 18 anni (in tutta la provincia sono 1.394). «Solo il 6 per cento dei ragazzi stranieri è nato in Italia ma ben il 51 per cento è in Italia da meno di cinque anni» osserva padre Durigon che dal 2004 è il parroco dei migranti piacentini. «Non è stato facile - rivela lo scalabriniano - raccogliere le schede: se tutti avessero risposto, avremmo superato abbondantemente i mille questionari. In realtà diversi non hanno accettato di parlare. Non sono voluti uscire dal branco, sono arrivati ieri e ovviamente non sono ancora integrati. Ma c’è anche gente che si sente già italiana e non ha voluto rispondere perché non si ritiene nella stessa condizione degli altri».«I giovani immigrati per l’80-90 per cento rispecchiano i coetanei italiani - è convinto Durigon -. Essere immigrati è una condizione, non una identità».«Abbiamo trovato oltre 50 nazionalità - continua il sacerdote -. Albania e Equador in testa». Il fatto che ci siano nazionalità predominanti determina una conseguenza che interessa molto da vicino: «Dove sono più numerosi non imparano l’italiano ma preferiscono la loro lingua. Dove sono più numerosi vivono nell’isolamento e producono soggetti a rischio. È qui che si deve intervenire». In che modo? «Piacenza ha una grandissima rete di offerte in tanti ambiti, il problema è che a volte non si riesce ad arrivare ai ragazzi. Penso che si debba investire nel trovare più tempo per l’ascolto, pochi hanno del tempo per ascoltarli».«L’offerta del tempo libero ai ragazzi - evidenzia poi - è fondamentale: sport, cinema, teatro, musica, anche la religione. Se noi andiamo a vedere dove si sviluppa il fenomeno della malavita, beh, lo troviamo nel tempo libero».
fri

Il testo integrale su Libertà del 15 febbraio 2009

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