lunedì 5 aprile 2010

Ambrosio: con la Pasqua il buio cede il posto alla luce

Pubblichiamo il messaggio pasquale che il vescovo Gianni Ambrosio ha rivolto ai piacentini attraverso i media della provincia di Piacenza.

Sulla facciata di molte Chiese di Piacenza e dell’intera diocesi, fin dall’inizio della quaresima, campeggia un poster. Vi è raffigurato un particolare di un pregevole trittico del XIV secolo, opera di Serafino dei Serafini, che si trova nella nostra Cattedrale. Su uno sfondo d’oro, Cristo risorto porta nella mano sinistra il vessillo del vincitore, mentre si china leggermente in avanti per offrire la sua mano destra ad Adamo, all’uomo.110 Lo trae fuori dalla terra e dalle rocce pesanti che lo tenevano prigioniero, mentre Eva, la donna, si aggrappa al braccio di Adamo. Segue una schiera di volti che, con lo sguardo rivolto a Cristo, quasi si accalcano per uscire in fretta fuori da quella prigione.
Non so quante persone abbiano avuto l’occasione o il tempo di rivolgere uno sguardo a quel poster. Il tempo – lo sappiamo – è sempre poco per le molte cose da fare, anche le occasioni scarseggiano. E poi, perché fermarsi? E quella scritta, Exultet, cosa mai vorrà significare?
Ecco allora l’invito: fermiamoci e guardiamo. Ne vale la pena. Per la bellezza che l’artista ha saputo esprimere. Per la sapienza che traspare da ciò che egli ha rappresentato. Così potremo dare un contenuto all’augurio di buona Pasqua che ci scambiamo senza troppa convinzione. Così potremo richiamare alla memoria ciò che abbiamo messo da parte, e cioè la Pasqua, la vita.
Perché la Pasqua è la vita, ci ricorda con efficacia l’artista Serafino dei Serafini. È la vita risorta di quel Gesù condannato a morte e alla morte di croce. In una bella sequenza di Pasqua si canta che “morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto, ma ora è vivo e regna”. La vita ha trionfato sulla morte: è avvenuto per Cristo. Eppure Cristo non ha evitato il duello, il confronto duro con la morte. Anzi l’ha affrontata in tutta la sua tragicità, dopo essere stato sottoposto ad un falso processo e ad una condanna ingiusta, dopo essere stato tradito e rinnegato, dopo essere stato flagellato e incoronato di spine, dopo essere stato inchiodato sul legno della croce per una morte vergognosa e violenta.
Ma il buio cede il posto alla luce. Perché l’amore sconfigge l’oscurità, vince la malvagità. Perché su quella croce vi è uno che “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori (…), per le sue piaghe siamo stati guariti”. Lo annunciava così l’antico profeta Isaia, secoli prima che il fatto avvenisse.
Ecco allora quell’Exultet scritto sul poster. È il canto che si sprigiona dalla liturgia della veglia notturna del sabato santo, in cui il cielo e la terra, la natura e la storia, gli angeli e gli uomini sono convocati per esultare e a ringraziare, perché Cristo era morto ed è tornato in vita.
L’Exultet non riguarda solo Gesù Cristo: lo evidenzia molto bene il nostro artista. La sua vittoria sulla morte si trasforma in vittoria anche per Adamo, per Eva, per tutti gli altri. Avverrà un giorno per tutti noi, uomini e donne partecipi della vittoria di Cristo. Ma avviene già oggi. Perché quella mano amica è sempre lì: Cristo risorto non si è dileguato nella stratosfera, ma è diventato contemporaneo a ogni uomo che viene nel mondo. Il Vangelo di Gesù è un messaggio di gioia e di vita e vuole dirci che la morte non è l’ultima parola. Non lo è quella morte perentoria che ci toglie il respiro, non è neppure quella morte quotidiana e strisciante come la malattia, l’ingiustizia, la povertà, la droga, la solitudine. L’ultima parola è la vita, la vita di Cristo risorto e di noi chiamati a risorgere a vita nuova.
Rinnovo l’invito: fermiamoci e guardiamo. Allora l’augurio è quello di poter scorgere quella mano amica sempre aperta e disponibile e di non avere paura di afferrarla. Per avere così uno sguardo nuovo e più luminoso sulla nostra vita. Per riuscire ad attraversare il dolore e il male con la forza della speranza, senza sentirsi precipitare nell’ineluttabile appuntamento con il nulla, in quel buco coperto da una pesante roccia che il nostro artista ha ben rappresentato. Per dare un contenuto di gioia, di luce, di speranza all’augurio pasquale che rivolgo a tutti con amicizia.


+ Gianni Ambrosio
vescovo di Piacenza-Bobbio

Piacenza 3 aprile 2010

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