giovedì 23 agosto 2012

Missionario factotum nel cuore del Chiapas

Missionario factotum nel cuore del Chiapas tra indigeni fagocitati dalla globalizzazione e zapatisti sempre in guardia contro il governo del presidente Felipe Calderòn. E' in questo contesto di litigiosità e ricerca della democrazia che opera il missionario laico piacentino Giorgio Catoni, 61 anni, nativo di Torrano di Pontedellolio, tornato in Italia nelle ultime settimane per un periodo di riposo. Catoni, laico, è uno di quei missionari silenziosi che se non li vai a scovare direttamente mai si sognerebbero di chiamare i media per farsi pubblicità. E' partito per il centro America nel 1998. «Volevo aiutare i fratelli più poveri. Il Messico è stato un caso - ricorda -. A Roma dalle suore salesiane mi hanno chiesto di andare nel Chiapas. Ci sono stato sei mesi la prima volta, poi mi sono affezionato alla gente e da allora sono stato con loro 13 anni e mezzo». In questo momento sta seguendo una casa famiglia per ragazze che studiano a Tuxtla, la capitale del Chiapas: «Sono quasi tutte ragazze indigene poverissime a cui noi diamo vitto, alloggio, laboratori di taglio e cucito, informatica, corsi di panetteria». La situazione nel Chiapas del Movimento di liberazione zapatista oggi è tranquilla. «Con il presidente Vicente Fox sono state fatte nuove promesse che in parte sono state mantenute» evidenzia Catoni che, a Tuxtla, è vicino di casa del subcomandante Marcos, il rivoluzionario messicano portavoce dell'Esercito zapatista di liberazione nazionale: «Dicono che abiti vicino alla nostra casa salesiana, ma vivendo in clandestinità ovviamente nessuno l'ha mai visto».

Catoni ha maturato la decisione di partire come missionario laico dopo la morte della madre, avvenuta nel 1995 e che aveva amorevolmente assistita negli ultimi anni a causa della cecità, con l'aiuto e la solidarietà di amici e volontari. Ha lasciato una bella casa, una fiorente attività artigianale (gestiva un autolavaggio a Piacenza), una vita comoda e sicura, tanti amici ed è partito. Nella missione di Ocotepec prima, in quella di Tuxla è diventato un punto di riferimento importante per gli indigeni, per le suore della missione e per i sacerdoti.
Svolge mansioni di autista, meccanico, agricoltore, allevatore, tiene corsi di meccanografia e dattilografia, collabora nelle attività pastorali della parrocchia principale. Portando avanti la scuola materna cattolica con i servizi della tradizione salesiana e anche un accompagnamento psicologico. «Siamo riusciti ad aprire una mensa comunitaria per 150 bambini - ne va fiero -. Abbiamo costruito letti per le persone malate che prima dormivano invece sulla nuda terra». Ocotepec è situata su di un altopiano, lontano dalle città, con poche e disastrate vie di comunicazione, posta e telefono funzionano male e a fasi alterne, scarsa e irregolare la fornitura di energia elettrica, le abitazioni sono primitive e fatiscenti, estremamente precarie le condizioni igieniche.
Appena arrivato in missione ha trovato una situazione sociale disastrosa, molte persone avevano gravi problemi respiratorie e la aspettativa di vita era molto bassa: le abitazioni erano costruite senza finestre per non disperdere calore e riscaldate con fuoco libero in terra, in mezzo alla abitazione stessa. Attraverso un progetto di esperti dagli Stati Uniti è riuscito a collocare aperture con filtri per fare defluire il fumo e disperdere poco calore. Con un progetto sostenuto dal Centro Missionario Diocesano e benefattori di Carpaneto ha comperato una grande quantità di letti in legno con materassino. Ogni volta che riparte per il suo Messico ripete a tutti: «In terra di missione è più quello che si riceve di quello che si dà».
Federico Frighi

05/08/2012 Libertà



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