sabato 2 marzo 2013

Il grazie della diocesi a Benedetto XVI

«E' stato come un padre che saluta i propri figli. Ci siamo commossi tutti, anch'io». Nelle parole del vescovo Gianni Ambrosio c'è il senso della cerimonia di commiato di Benedetto XVI dalla cattedra di Pietro. Papa Ratzinger oggi alle 20 lascerà il suo pontificato siglando le proprie dimissioni da Sommo Pontefice.

Ieri ha voluto salutare la Chiesa e i sui fedeli in una piazza San Pietro gremita per l'ultima udienza generale. Centocinquantamila persone che hanno affollato la piazza fin dalle prime ore del mattino. Fra queste i pellegrini della diocesi di Piacenza-Bobbio. «E' stata una grande lezione di fede», commenta Ambrosio, a caldo, appena uscito dal settore dei cardinali e dei vescovi alla destra del baldacchino del Santo Padre, sul sagrato della basilica. «Ci ha ricordato che è il Signore che dirige la barca della Chiesa ed ha messo davanti a tutto la forza della preghiera».
Chi è in pellegrinaggio, come i duecento pellegrini piacentini, lo comprende bene. Chi è in pellegrinaggio diventa fonte viva di preghiera per se stesso e per il mondo. Così il Papa che dalla fine del conclave si ritirà a pregare nel monastero di clausura del Vaticano, così i pellegrini piacentini che ieri hanno iniziato la loro giornata con una suggestiva messa nella basilica di San Pietro, dopo che l'alba era spuntata da poco.
In piazza, con l'obelisco alle spalle, hanno atteso pazienti le note maestose dell'organo della basilica annunciare l'arrivo della Papa-Mobile per l'ultimo bagno di folla di papa Ratzinger. Tutti intorno allo striscione "Le tue parole luce per sempre, Piacenza ti abbraccia", il messaggio della diocesi di Piacenza-Bobbio a Benedetto XVI. Occhi lucidi, pellegrini con i volti solcati dalle lacrime, suore che non trattengono il pianto, bambini ammutoliti di fronte al silenzio sacro che avvolge le parole del Papa e le trasmette all'umanità.
«Sono emozionato e commosso - ammette l'ex preside Mauro Sangermani, in pellegrinaggio con la moglie -. Questo viaggio mi ha dato veramente tanto, molto di più di quello che avrei potuto immaginare. Ho toccato con mano tutta l'umanità di un Papa». Gabriele Castagnetti, 27 anni, impiegato: «Mi ha colpito la sincerità del Papa, il suo messaggio legato alla fede, senza discorsi pindarici o filosofici, ma legato alle fondamenta che tutti noi cristiani conosciamo ma che dobbiamo approfondire».
Scrive cartoline da una giornata storica monsignor Anselmo Galvani, parroco del Duomo di Piacenza. Di papi, nella sua vita, ne ha visti sei: da Pio XII a Benedetto XVI. «Ognuno è riuscito sempre a darmi delle grandi emozioni - ricorda -. Oggi ne ho avuta un'altra tutta nuova, meravigliosa. Nell'ultima udienza di papa Benedetto abbiamo voluto portare il nostro affetto e la nostra riconoscenza per tutto quello che ha fatto per tutti noi, ci ha fatti sentire una chiesa bella e una chiesa viva».
Samuele, 9 anni, è il più giovane dei pellegrini piacentini. È la prima volta che vede il Papa. «È stato bello - dice -, mi è sembrato come un nonno». Mamma Monica Losi lo ha portato in pellegrinaggio come regalo di compleanno. «Io ho la lacrima facile - confessa - ma oggi le parole del Papa mi hanno proprio toccato nel cuore».
Emozionato don Giuseppe Basini: «Non ha avuto alcun timore di mettersi a nudo e di rivelare quello che ha vissuto in questi otto anni di pontificato e i sentimenti che sta vivendo adesso. Ho percepito una grande gioia, anche se ha richiamato le fatiche che ha vissuto. Lo ha fatto in modo diretto, rivolgendosi a tutti coloro che lo ascoltavano lì e nel mondo». «Da adesso in poi diventa uomo di preghiera - continua -, va sul monte, per usare la sua immagine dell'ultimo Angelus, a pregare per la Chiesa».
Valeria e Pietro Parietti, pensionati, leggono le encicliche e gli scritti di Benedetto XVI la sera dopo cena. «Molto spesso al posto della televisione - evidenzia Valeria -, io sono la voce narrante, mio marito ascolta». «Mi sono venute in mente le frasi pulite, lineari, comprensibili e mi sono commossa di fronte alle parole del suo commiato - ammette -, mi ha colpito la serenità del suo discorso, non c'è stata una parola di critica, ognuno di noi si è sentito chiamato ed interlocutore del Papa».

28/02/2013 Libertà


È una giornata di sole, con la brezza pungente del mattino che piano piano lascia il posto al calore di una primavera anticipata, quando papa Benedetto entra in piazza San Pietro acclamato dai cori dei fedeli. È l'ultimo atto di un pellegrinaggio diocesano che rimarrà nella storia. Due giorni intensi di preghiera e faticosi spostamenti che rafforzano lo spirito e fanno sentire viva la Chiesa cattolica, nonostante le profonde e ripetute denigrazioni a cui la Chiesa universale è oggi sottoposta.

Lo ha accennato papa Benedetto nel suo discorso di commiato, lo ha evidenziato il vescovo Gianni Ambrosio subito dopo la cerimonia. Vescovo che ha avuto il privilegio, assieme ai suoi sacerdoti e ai duecento pellegrini di Piacenza-Bobbio, di celebrare la messa, alle 8 di ieri mattina, all'altare della Confessione. In una basilica vaticana completamente vuota, quasi irreale, dove le uniche voci che risuonavano erano quelle dello stesso Ambrosio e dell'assemblea tutta piacentina. Fuori fervevano i preparativi ultimi per il commiato di Benedetto XVI.
Alla cerimonia nella piazza Ambrosio ha preso parte con i cardinali e i vescovi accanto al Santo Padre. In particolare tra i presuli spagnoli Juan José Asenjo Pelegrina (arcivescovo di Siviglia) e Jaume Riera Rius (vescovo coadiutore di Barcellona). Tra gli alti prelati anche i piacentini in Vaticano: l'arcivescovo Piero Marini e il vescovo Giorgio Corbellini.
Confusi tra la folla, il senatore Alberto Spigaroli e i parlamentari piacentini Massimo Polledri (Lega Nord) e Paola De Micheli (Pd). «Con il suo discorso finale il Papa ha dimostrato ancora una volta - ha osservato Polledri - che non è sceso dalla croce e continuerà a servire la Chiesa». «Di fronte alla difficile situazione in cui si trova l'Italia - si è augurata la De Micheli - il mio auspicio è che a tutti, anche al mondo politico, arrivi questo insegnamento del Santo Padre. Solo l'umiltà della fede, l'amore per la comunità e lo spirito di servizio ai più bisognosi sono il faro nella vita privata e in quella pubblica. Ci sia di insegnamento anche per affrontare il faticoso inizio della terza repubblica e faccia riflettere qualche opportunista: perchè prima di tutto viene la comunità».

28/02/2013 Libertà



(fri) Il giorno del suo commiato papa Benedetto ha ricordato quel giorno in cui tutto iniziò. Don Paolo Mascilongo, biblista, collaboratore parrocchiale a San Nicolò, c'era ieri come quel giorno. «E' stata un'esperienza unica e se vogliamo anche storica - commenta al termine della cerimonia di ieri -. Il 19 aprile del 2005 mi trovavo qui in piazza San Pietro per l'annuncio e le prime parole di papa Benedetto XVI». Quella frase - «Dopo un grande papa come Giovanni Paolo II i signori cardinali hanno eletto me, umile operaio nella vigna del Signore» -, quella frase riecheggia ancora nella mente e nel cuore di don Mascilongo.

Novello prete, dopo il seminario e l'ordinazione, era stato inviato a studiare a Roma dal vescovo Luciano Monari. Frequentava il corso di Sacra Scrittura al Pontificio istituto biblico. Quando si diffuse la notizia della fumata bianca, corse in piazza San Pietro. Oggi in quella piazza, pressappoco nella stessa posizione di allora, sotto il braccio sinistro del colonnato Bernini, c'è ancora, alla guida dei suoi parrocchiani di San Nicolò.
«Sono trascorsi otto anni ma sembra ieri - dice con un velo di malinconia -. Mentre il Papa parlava mi sono passate davanti le immagini delle Giornate mondiali della gioventù vissute con Benedetto XVI, i suoi interventi, da Colonia a Sydney, fino a Madrid». «Anche il discorso di commiato - osserva don Paolo - è stato veramente di alto profilo: la Chiesa che non è nostra ma di Cristo, la barca di Pietro che il Signore non abbandona. Benedetto ci ha fornito ancora una volta l'orizzonte entro cui leggere la sua decisone di lasciare».
Ancora: «Ho percepito veramente l'emozione di un papa. Tante volte si era parlato del Papa tedesco freddo e distaccato, oggi si è visto come fosse colpito da questo grande affetto della gente. Un affetto che si percepiva in ogni angolo di piazza San Pietro. Anche il Papa si è commosso. Dopo lo stupore iniziale, ci ha fatto scoprire l'umiltà di un gesto che ci insegna che cosa è la Chiesa».

28/02/2013 Libertà

IL PRIMO GIORNO
Alle 6 e 20 del mattino un Padre Nostro, un'Ave Maria e un Angelo Custode, alle 8 e 45 le Lodi, alle 10 e 30 il Santo Rosario con letture di papa Benedetto XVI. È un pellegrinaggio e, oltre alla fatica e alla pazienza per un viaggio lento e d'altri tempi (Piacenza-Roma in 7 ore), ci deve essere lo spazio per la preghiera.


«Lasciate da parte le comodità - avvisa alla partenza don Giuseppe Basini, responsabile del pullman numero 1 - i motivi per pregare li abbiamo tutti, in particolare in questi giorni difficili».

Il pullman numero 1 è quello del vescovo Gianni Ambrosio e dei parrocchiani di Sant'Antonino. Altri tre torpedoni partono da altrettanti punti della città prima dell'alba di ieri mattina. In tutto oltre duecento persone. Il pellegrinaggio diocesano è stato fortemente voluto dal vescovo Ambrosio come segno della Chiesa particolare di Piacenza-Bobbio nell'Anno della Fede, indetto dal Papa l'11 ottobre del 2012. In consiglio presbiterale era stata avanzata la proposta di un pellegrinaggio in un santuario mariano vicino, ma alla fine era passato il viaggio alla cattedra di Pietro.

L'Ufficio diocesano pellegrinaggi poi, aveva lavorato di lima, accorciando giorni e orari, rendendo la trasferta dello spirito a portata di un'economia di crisi. Lo Spirito Santo, come dicono su questi pullman, ha fatto il resto. Benedetto XVI, lo scorso 11 febbraio, ha annunciato le sue dimissioni da papa e il pellegrinaggio del 26 e 27 febbraio in San Pietro ha assunto un valore storico. Questa mattina il papa tedesco farà la sua ultima apparizione pubblica prima di abdicare (domani) e di ritirarsi in clausura. I pellegrini piacentini, con i loro fazzoletti verdi griffati diocesi di Piacenza-Bobbio, saranno in piazza San Pietro, mischiati nella folla delle oltre duecentomila persone attese per l'ultima udienza generale. Si alzeranno di buon mattino e, alle 8, saranno nella basilica vaticana per la messa celebrata dal vescovo Ambrosio all'altare della Confessione.

Ieri pomeriggio, una volta raggiunta la capitale, tra preghiere e considerazioni sulla politica nazionale all'indomani del voto, il pellegrinaggio diocesano è entrato nel vivo. In una giornata primaverile, prima la visita, poi la celebrazione eucaristica in San Paolo fuori le mura.

Qui Paolo arrivò incatenato per essere giudicato dall'imperatore. Sotto Nerone, tra l'anno 65 e l'anno 67, venne ucciso. Qui, in questo luogo sulla via Ostiense, dove i cristiani veneravano la memoria dell'Apostolo San Paolo, venne costruita una chiesa consacrata da Papa Silvestro nel 324. Qui il vescovo, nell'omelia, ha invitato i fedeli a mettersi al servizio. «Tutti noi siamo chiamati a servire - ha invitato Ambrosio -, come l'apostolo Paolo. Quando ha incontrato Cristo, lo ha seguito su questa strada del servizio, del dono, della dedizione». E' lo stesso servizio a cui non ha smesso di dedicarsi Benedetto XVI. I vescovi sono chiamati a spiegarlo ai fedeli, sorpresi e talvolta smarriti di fronte alle dimissioni di un papa.

«Il nostro amato Benedetto XVI ha sentito che il Signore lo chiama a "salire sul monte" per dedicarsi ancora di più alla preghiera e alla meditazione, come ha detto nell'Angelus di domenica scorsa - ha evidenziato Ambrosio - noi cristiani siamo chiamati a servire il Signore nella semplicità e nell'umiltà, siamo chiamati ad essere suoi testimoni» ha proseguito Ambrosio che ha voluto sottolineare un pensiero del Papa: «Il mio gesto non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l'ho fatto fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze».

Altro momento forte di preghiera e spiritualità, prima di raggiungere la Domus Mariae e di ritirarsi per la notte, la celebrazione penitenziale nella basilica di San Giovanni in Laterano con il vescovo e i nove sacerdoti al seguito a disposizione dei pellegrini per le confessioni.

Libertà, 27/02/2013

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