mercoledì 14 novembre 2007

Un prete piacentino per l'addio al tifoso ucciso


Un prete piacentino per l'addio al tifoso ucciso
Don Paolo Tammi, parroco a Roma,
celebra oggi i funerali di Gabriele Sandri



Il testo integrale dell'articolo si può leggere sull'edizione di Libertà di oggi, 14 novembre 2007

Piacenza-
La tragedia della morte di Gabriele Sandri, il tifoso ucciso domenica in un autogrill, è molto più vicina a Piacenza di quanto si possa immaginare. Oggi, dal pulpito della parrocchia romana di San Pio X, con la casula di colore viola, in segno di lutto, a celebrare i funerali ci sarà un sacerdote di origini piacentine: don Paolo Tammi (nella foto con il cardinale Camillo Ruini). Incardinato nella diocesi di Roma, don Paolo deve le sue origini a Piacenza, alla sua provincia, alla Valnure. «Piacenza, per me, è una seconda patria - dice - prego sempre per voi». Nato 51 anni fa a Roma, don Paolo Tammi, oltre a tradire un cognome noto a Piacenza, ha vissuto gran parte della sua giovinezza in Valnure, a Pontedellolio, paese natale del padre. La sua vocazione è nata anche qui, all’ombra del Gotico, o meglio all’ombra delle stesse vallate che qualche anno prima avevano donato un vescovo alla chiesa cattolica romana: monsignor Antonio Lanfranchi. Don Paolo (ordinato nel 1982 in Santa Maria Maggiore) è un “semplice” parroco della chiesa dedicata a San Pio X, a Roma, quartiere Balduina. La stesso nel quale abitava il tifoso ucciso domenica. «Lo conoscevo di vista - dice al telefono - ha fatto la cresima da noi nel ’96. La famiglia è sempre stata nella nostra parrocchia». «È una cosa allucinante - riflette -. Io non credo che nessuna morte sia giusta, ma questa è veramente assurda, le dinamiche oggi sono colpose ma non lo sappiamo. Vedersi morire una persona così... non un ragazzo violento, una persona assolutamente normale». «Un po’ particolare, come tutti i tifosi - si scorge un poco di simpatia per la categoria -. Peraltro sono tifoso anch’io. Del Piacenza? Mi spiace, del Cagliari, per una lunga storia iniziata negli anni Settanta». Oggi lo aspetta il giorno più pesante della vita di parroco: «Non so che cosa dirò al funerale, mi affido a Dio. Certamente dovremo placare gli animi, ma dovremo anche parlare di giustizia, perché questa è stata un’ingiustizia solenne. Cercherò di dire cose semplici». «Parlerò di resurrezione - continua - della tensione interna tra il perdono e la giustizia che c’è nell’animo di ogni persona. Il credente è chiamato al perdono: Gesù dice di perdonare fino a 70 volte sette. Al perdono però ci si arriva un po’ per volta. Io mi auguro che la famiglia e gli amici ci arrivino presto. Anche la rabbia è però comprensibile, non possiamo coprirla di moralismo». «E poi comunque - non le manda a dire - chi sbaglia deve pagare, questo non è contro il Vangelo. L’ha detto anche Gesù, non possiamo mistificare la realtà».
Federico Frighi

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