giovedì 22 novembre 2007

Una clausura vicina alla città

Una clausura vicina alla città
Con le monache carmelitane del monastero di San Lazzaro

Il testo integrale dell'articolo è su Libertà di oggi, 22 novembre 2007

Piacenza -
Pregano insieme, da sole ed in silenzio tutti i giorni dell’anno per la città ed i suoi abitanti. Ieri era il giorno in cui la città avrebbe dovuto ringraziarle. Il giorno pro orantibus, come stabilito dalla Chiesa. Loro sono le monache di clausura e ieri era la loro festa. In città sono 31, suddivise su due monasteri: 17 le Benedettine, in corso Vittorio Emanuele, e 14 le Carmelitane scalze, in via Spinazzi. Siamo andati a trovare queste ultime, nel loro monastero di San Lazzaro. Suor Maria Paola è la madre priora e viene da Parma. È lei che si presenta assieme a suor Prisca Maria, di Trento, laureata in fisica a 29 anni e poi entrata in monastero. Dietro alla grata nel parlatorio grande. Un simbolo antico che le separa dal resto del mondo, dalla città, in questo caso. «Molte cose sono cambiate - osserva la madre priora -, oggi, per noi, i rischi della vita sono aumentati». Un simbolo che le monache custodiscono e dal quale sono custodite. «È necessario per salvaguardarci - continua -, oggi i contatti con l’esterno sono aumentati a dismisura». Gli esempi sono tanti: «I medici (a parte quello di base) non vengono più in monastero, così se una di noi ha bisogno del dentista deve uscire, accompagnata da una sorella». Anche il “traffico” in entrata può disturbare: «Muratori, operai, tecnici del computer, oggi le cose si rompono più spesso che nel passato e quindi c’è bisogno del loro intervento all’interno della zona di clausura». Poi c’è il telefono, che suona spessissimo: «A turno c’è una suora telefonista». La clausura, insomma, è minacciata ogni giorno di più. Per le monache è un prezioso tesoro da custodire; viene dalla clausura la loro forza spirituale e senza di essa non potrebbero aprirsi alla città, come stanno facendo in questi anni. Al mattino alle 7 e 30, ad esempio, la messa è pubblica (le monache sono nel “coro” al riparo dagli sguardi del mondo). Dal primo di ottobre, dalle 17 e 30 alle 18 e 30, tutti i giorni, la gente può partecipare alla preghiera silenziosa, sempre nella chiesa del monastero. Sono aumentate sensibilmente le persone che chiedono di confrontarsi con le monache nei due parlatori del monastero. «Molte giovani mamme vengono qui - rivela suor Maria Paola - e ci raccontano le loro storie». La grata aiuta: «Una volta una di loro mi disse che proprio grazie a questa inferriata che ci separava era riuscita a dirmi tutto». Il problema più grande dei piacentini? «La famiglia che si sfascia, la mancanza di comunione tra le mura domestiche, un cattolicesimo sempre più precario». Il segreto della rinascita? «Il recupero delle radici del battesimo, come ci propone la diocesi». La modalità principale: «La preghiera. La nostra è una visione ottimistica della vita - osserva suor Prisca - che trae origine dalla scoperta di una paternità (quella del Signore) in cui tutti siamo immersi al di là di ogni ideologia ed ogni schieramento». Assistenti spirituali di una Piacenza malata, presenza viva nella Chiesa piacentina, le monache (nella loro clausura) sono più vicine alla città di quanto non si possa immaginare. E vogliono continuare ad esserlo.
Federico Frighi

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