sabato 7 giugno 2008

Oratori, si pensa al modello piacentino

Piacenza - Distanti anni luce dall’oratorio lombardo-ambrosiano concepito con l’appartamento del curato nell’edificio destinato ai ragazzi, distanti anni luce dai super centri parrocchiali di Milano, Lodi e Brescia nonché dalle strutture salesiane, anche a Piacenza qualche cosa si muove. Santissima Trinità, Santi Angeli a Borgotrebbia, San Lazzaro, San Vittore sono alcune delle realtà cattoliche che nel territorio comunale stanno tentando di creare un modello piacentino di oratorio. Volontari tenuti insieme da una fede salda (come alla Santissima Trinità), professionisti dell’educazione con il ruolo di coordinatori (come a San Vittore, Besurica). Una cosa è certa: il prete, causa il drastico calo delle vocazioni, risulta sempre più impegnato nella gestione delle altre attività parrocchiali. «Siamo in una fase di costruzione - spiega don Paolo Camminati, responsabile del Servizio diocesano per la pastorale giovanile -, noi abbiamo una tradizione diversa da quella lombarda. La crisi che si è avvertita in tanti settori della pastorale si è sentita anche nell’oratorio».«Fare un oratorio oggi è molto difficile - osserva don Giancarlo Conte, parroco di San Giuseppe Operaio -; con i bambini, perché le loro giornate sono molto piene. Sono felici quando vengono, ad esempio, per le feste di compleanno o, ancora, prima o dopo dottrina, ma tornare a come era una volta è difficile». La Svizzera degli oratori, a Piacenza, si trova alla Santissima Trinità. Qui hanno un oratorio estivo ed uno invernale. Su tutto un patto tra generazioni: è gestito da 40 adulti e 40 ragazzi che danno la loro disponibilità una volta ogni 40 giorni, dalle 14 alle 16 per i compiti, dalle 16 alle 18 e 30 per i ragazzini, dalle 18 e 30 in poi per i ragazzi grandi, universitari e lavoratori. «Funziona - evidenzia don Massimo Cassola -, è un posto dove l’educatore che sta lì lo fa per amore di Gesù Cristo, restituisce quello che ha ricevuto». Ci sono le play-station, i calcioballilla, i giochi da tavolo. «Dobbiamo avere il coraggio di seminare nelle famiglie per raccogliere tra vent’anni - dice la sua -. I giovani ci sono se ci sono famiglie cristiane»Alla Besurica, in San Vittore, don Franco Capelli ricorre ad un educatore, regolarmente stipendiato, con il compito di coordinare i volontari: «Abbiamo cercato di vedere l’oratorio come un momento educativo e abbiamo investito risorse importanti». In centro storico è difficile trovare gli animatori. Ne sa qualche cosa don Gianmarco Guarnieri: «Non abbiamo le forze e i ragazzi sono tutti occupati con la scuola. Il nostro oratorio sta diventando un segno di aggregazione per le famiglie». «Gestire un oratorio non è facile - ammette don Pietro Cesena -, significa aprirsi alle persone e, a volte, è troppo oneroso. Se uno vuole fare il pisolino non può aprire un oratorio. Il progetto fondamentale è l’accoglienza. Da noi ai Santi Angeli l’oratorio è un centro sociale, espressione della comunità parrocchiale».
Federico Frighi

da Libertà, 7 giugno 2008

Nessun commento: