lunedì 13 aprile 2009

Ambrosio, è anche nostra la sofferenza dei terremotati

Pasqua 2009, omelia del vescovo mons. Ambrosio



Carissimi fratelli e carissime sorelle,

in questo santo giorno della Pasqua di Gesù - il “primo giorno della settimana” (Gv 20,1) -, rendiamo grazie a Dio che ha risuscitato il suo Figlio, il Signore Gesù. Siamo venuti qui per lodare e ringraziare Dio, partecipando così alla grazia di quell’evento decisivo per la nostra storia personale e per quella di tutta l’umana famiglia.

“Colui che è stato ucciso appendendolo a una croce, Dio lo ha risuscitato il terzo giorno” (At 10, 39-40). E’ l’annuncio dell’apostolo Pietro che abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Un annuncio solenne e impegnativo che coinvolge direttamente Pietro: “noi ne siamo testimoni”, “noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. In questo ‘noi’ non c’è solo Pietro che parla, ma ci sono anche tutti coloro che sono stati “prescelti” da Dio per essere testimoni, ci sono gli altri apostoli, ci sono le donne, c’è tutta la Chiesa che nel corso dei secoli continua a comunicare la l’amore di Dio che si manifesta nella risurrezione di Gesù.
L’annuncio di Pietro viene fatto nella casa di un pagano, il centurione romano Cornelio, su ordine ricevuto dal Signore: “Ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti”.
Grazie a questi testimoni, noi siamo qui oggi a rendere lode a Dio e a celebrare la Pasqua di Gesù. Questi testimoni hanno toccato con mano che “Dio era con lui”, con Gesù. Hanno condiviso la sua vita mangiando e bevendo con lui, l’hanno seguito e amato. Così possono annunciare e testimoniare, invitando tutti noi a lasciarci illuminare dalla sua Pasqua, a consegnarci fiduciosi al mistero di amore che è la Pasqua di Gesù. Sì, “Dio era con lui” e non ha abbandonato il suo Figlio unigenito al potere della morte, ma lo ha risuscitato.
Nel brano degli atti degli apostoli, Pietro conclude il suo annuncio con queste parole: “Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati” (At 10, 43). La Pasqua di Gesù non riguarda solo Gesù, ma coinvolge tutti coloro che credono nel suo nome: chi crede riceve il perdono dei peccati. Dunque Gesù è il Signore, la sua Pasqua è perdono, è salvezza, è speranza.
Ma prima di annunciare e testimoniare la risurrezione, Pietro deve lasciarsi illuminare, come gli altri apostoli, come Maria di Magdala, come tutti i testimoni. Il racconto di Giovanni della mattina di Pasqua si presenta come un cammino che porta progressivamente i discepoli a scoprire che il Signore è risorto e a rendersi conto, con immenso stupore, della portata di questo evento.
Lo stesso cammino deve essere fatto da tutti noi: non si arriva subito alla fede nella risurrezione. Occorre che, tra il dubbio e lo stupore, la luce entri via via nel cuore e nella mente e scacci la tenebra che vela lo sguardo della fede.
È una donna - Maria di Magdala - che per prima si reca al sepolcro “quando era ancora buio” e constata che il sepolcro è vuoto. È solo un indizio, ma subito corre a darne l'annuncio ai discepoli. L’evangelista nota che questa donna si è recata al sepolcro “quando era ancora buio”, quasi lasciando intendere che Maria Maddalena rappresenta la sofferta ricerca della speranza da parte dell’umanità, una speranza spesso ancora nascosta e che attende la luce per emergere ed esprimersi.
Non c’è ancora in lei, come non c’è ancora in Pietro, la speranza di una vittoria sulla morte, ma vi è la disponibilità a ad accogliere la luce, quella luce che consente all’altro discepolo, arrivato al sepolcro, di “vedere” e di “credere”. Avverrà così anche per Pietro e per gli altri apostoli, avverrà così anche per Maria di Magdala: cominciarono a credere che Dio è più grande dell'attesa dell'uomo, che Dio non abbandona il suo Figlio, che colui che è risorto è il crocifisso e che proprio dalla sua morte e risurrezione sgorga la vita nuova.

Anche a noi sia data la grazia di cominciare a credere, confortati dalla testimonianza degli apostoli e dall’annuncio di gioia della Chiesa, nostra madre. Anche a noi sia concesso di incontrare il Crocifisso risorto, ascoltando la sua parola, partecipando alla sua cena, accogliendo il suo perdono. Liberati dall’oscurità, dall’egoismo, dalla chiusura, dalla diffidenza, dall’indifferenza, anche per noi sia donata la gioia di vedere con gli occhi della fede, di proclamare la possibilità di una vita nuova, di vivere la speranza di condividere un giorno la completa vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Cristo risorto è la “nostra speranza” (1 Tim 1,1), con Lui possiamo scorgere la luce anche nei momenti oscuri, anche in mezzo alle grandi sofferenze che condividiamo con la popolazione dell’Abruzzo.

Carissimi fedeli, la liturgia della Chiesa, nella Colletta di questa Eucaristia, ci ha invitati a chiedere al Padre, “per noi che celebriamo la Pasqua di risurrezione”, “di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto".
E’ la preghiera che rivolgiamo al Signore, convinti che “rinascere nella luce del Signore risorto” è il dono più grande che possiamo invocare e ricevere. La luce del Signore risorto è come una nuova nascita, perché illumina tutta la nostra realtà umana, cogliendone la verità più profonda. La luce del Signore risorto ci aiuta a camminare con speranza, con lo sguardo rivolto verso l’alto, cercando “le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (seconda lettura).
E’ questa la nostra fiduciosa preghiera che rivolgiamo al Padre in questo giorno di Pasqua, è questa la nostra professione di fede, è questo il nostro fervido augurio di buona Pasqua. Amen.
†Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio

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