venerdì 21 settembre 2007

Monari, veglia 11 settembre

In tanti hanno aderito alla veglia che si è svolta ieri sera in cattedrale voluta dal vescovo
Ancora una volta: «Mai più guerra»
Preghiere per le vittime di New York e Washington

da Libertà, 16 settembre 2001

Un’ora in silenzio, per guardarsi
dentro ed ascoltarsi, pregando
per chi non c’è più, fermando le
tentazioni di vendetta e di odio.
Erano in tanti ieri sera alla veglia
nella cattedrale di Piacenza, voluta
dal vescovo Luciano Monari
dopo gli attentati americani. Nessun
canto, nessuna parola; una silenziosa
processione di sacerdoti
ha accompagnato il vescovo all’altare,
dove è stato letto il vangelo
di Gesù nel Getsemani, il
giorno prima della crocifissione.
Poi i salmi penitenziali di invocazione
e di richiesta della misericordia
di Dio per le vittime ed i
familiari che soffrono; preghiere
spontanee, il Padre nostro conclusivo
e la benedizione finale di
monsignor Monari.
La comunità cattolica piacentina
ha risposto alla chiamata del
suo vescovo perché il grido di Giovanni
Paolo II, «Mai più la guerra!
», a dieci anni di distanza dal
conflitto nel Golfo contro Saddam
Houssein, stavolta, almeno stavolta,
venga ascoltato. In questo senso
ha insistito più volte il capo della
diocesi in questi giorni di attesa
febbrile per le conseguenze degli
attentati negli Stati Uniti. Il
presule ha raccontato di essere
stato colpito da un graffito: «Humans
are the only thing to fear»
diceva («Gli uomini sono l’unica
cosa che si debba temere»). «Si capisce
che questo possa essere il
sentimento spontaneo prodotto
dalla tragedia - ha evidenziato -
ma si capisce anche quanto irreparabile
diventerebbe questa tragedia
se davvero raffreddasse in
noi ogni atteggiamento di fiducia
verso il fratello». Per monsignor
Monari siamo allora invitati a sollevare
lo sguardo verso il crocifisso:
«Cristo, innalzato sulla croce, è
l’innocente che subisce la violenza
degli uomini ma anche il segno
dell’uomo che sa amare e sa portare
lucidamente il suo amore fino
al perdono e all’offerta consapevole
della sua vita per gli altri».
Monsignor Monari ha ascoltato e
letto le cronache di questi giorni.
«Avevo la chiara impressione - ha
osservato - che alcune fossero false;
non perché dicessero cose che
non erano avvenute o non stavano
avvenendo, ma perché quanto
stava avvenendo non era quello.
C’era qualche cosa di più grande e
di più profondo, di più misterioso
ed inquietante, qualche cosa che
richiedeva soprattutto silenzio,
meditazione, preghiera per essere,
non dico capito, ma anche solo
intravisto nella sua tremenda verità.
Le cronache rischiano di ridurre
a frammenti banali - ha continuato
- un dramma che ha invece
dimensioni umane e divine».
Il futuro non dovrà essere la
guerra: «Non saranno anzitutto i
politici ed i militari che potranno
dare la risposta definitiva - anche
se una risposta dovranno darla
pure loro - saranno le persone
comuni, quelle che non sanno odiare,
che non vogliono odiare,
quelle che sanno pregare e sperare
». Il vescovo cita le parole che
una ragazza ebrea, morta ad Auschwitz,
scrisse nel suo diario:
«E’ proprio l’unica possibilità,
non vedo altre alternative: ognuno
di noi deve raccogliersi e distruggere
in se stesso ciò per cui
ritiene di dover distruggere gli altri.
E convinciamoci che ogni atomo
di odio che aggiungiamo al
mondo lo rende ancora più inospitale
». «E’ proprio, così - ha concluso
monsignor Monari - altre
strade non ce ne sono».
Federico Frighi

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