lunedì 15 marzo 2010

Lanfranchi a Modena (5): la Chiesa e la città hanno bisogno l'una dell'altra

Grazie, signor sindaco, per l’affettuosa accoglienza e per le espressioni augurali che mi ha rivolto e per la presentazione della città con i suoi punti forza e con le attenzioni che richiede.
Con Lei saluto e ringrazio tutte le autorità civili e militari.
Grazie Modena. Mi sento ormai legato a te e a tutti i tuoi abitanti, a cui voglio consegnare tutte le mie energie. Vengo volentieri, con la compagnia buona, corroborante dei molti legami che il Signore mi ha dato di tessere a Cesena, sicuro che non si recideranno mai, ma saranno arricchiti dai tanti che sicuramente da oggi avrò la possibilità di costruire con la tua gente.
Signor Sindaco, le assicuro di voler collaborare con Lei e con tutte le autorità, nel rispetto del ruolo proprio di ognuno, per la costruzione della civiltà dell’amore nella convivialità delle differenze e nella valorizzazione dei doni di ciascuno.
Mi viene spontaneo, per la mia formazione e la mia storia, pensare la comunità cristiana come “Chiesa nella città”.
Dicendo questo, non posso anzitutto non pensare alla stupenda immagine che si presenta al visitatore arrivando in Piazza Grande: sullo sfondo la Ghirlandina slanciata verso il cielo, poi la Cattedrale a unire il Palazzo comunale e l’Episcopio.
Quando vi arrivai per una breve visita, all’indomani della festa di San Geminiano, e la contemplai non con lo sguardo di chi è affascinato semplicemente dalla bellezza artistica, ma ormai con quello dell’innamorato, un pensiero prevalse su tutti: i monumenti simbolo della vita religiosa e civile uniti insieme. Lo spazio di Dio e quello della vita si attirano e si arricchiscono reciprocamente. Non perché uno limiti e oscuri l’altro, ma a indicare quanto siano fecondi per la città i valori spirituali e quanto sacra per il cristiano sia la responsabilità sociale. La configurazione stessa del cuore della città con la preziosità dei suoi monumenti ci insegnano che tra chiesa e mondo c’è una vicinanza insopprimibile, che deve portare a un dialogo ragionevole, responsabile e rispettoso, nello sforzo di edificare insieme una società più umana e più libera.
La Chiesa e la città, pur essendo realtà distinte, hanno bisogno l’una dell’altra. Esse non sono chiuse l’una all’altra e nemmeno impermeabili tra loro.
L’intera “città” sta a cuore alla Chiesa, nulla è estraneo alle sue preoccupazioni.
Abbiamo tutti presenti, credo, un testo paradigmatico della presenza dei cristiani nella società, la Lettera a Diogneto. Essa avverte: “Dio ha assegnato loro (ai cristiani) un posto tale che non è loro lecito tirarsi indietro” (VI,10). I cristiani non solo possono, ma debbono impegnarsi per la vita della città, sapendo tuttavia che la loro patria sta nei cieli.
All’intera comunità cristiana spetta l’affascinante e grave compito di rendere presente Dio nella vita degli uomini. Oggi, in un tempo, povero di speranze e in cui la centralità della dignità della persona umana, con i valori irrinunciabili in cui si esprime, si pone come centrale all’attenzione di tutti, tale compito è ancora più urgente. Sono rivolte ai cristiani le parole di Gesù ai discepoli mentre ascendeva al cielo: “Ma voi rimanete in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49).
Rimanere in città, cercando di diventarne l’anima.
La presenza della comunità cristiana può essere determinante per dare quest’anima alla vita di un paese, alla periferia della città, ad un quartiere, ad un centro storico, attraverso anzitutto quella presenza quotidiana che non fa clamore, ma di fatto è determinante per la coesione sociale e per il perseguimento del bene comune.
La città in tutte le sue espressioni sta a cuore alla comunità cristiana, sta a cuore al vescovo.
Se la sua missione è una salvezza che ha la dimensione dell’eternità, essa sa che questa non è da intendersi come fuga dalle responsabilità concrete e in termini individualistici. Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi ricorda che “la salvezza è sempre stata considerata come una realtà comunitaria” (n. 13) e cita la Lettera agli Ebrei che usa più volte il termine “città” per indicare la salvezza a cui siamo chiamati: Il Signore “ha preparato per loro una città” (Eb 11,16).

Signor Sindaco, sono davvero lieto del ricco patrimonio artistico, culturale, economico, sociale e religioso, che rende bella Modena, e che andrò via via a conoscere sempre più profondamente.
Così come mi conforta la ricchezza di esperienze associative e di volontariato che arricchiscono il patrimonio sociale della città e contribuiscono al bene fondamentale della coesione sociale e in particolare trovo incoraggiante quella cultura della partecipazione che si esprime nella collaborazione nel campo educativo a favore delle nuove generazioni.
Dichiaro la mia piena disponibilità a proseguire sulla strada della collaborazione in quelle forme che si sono rivelate ricche di frutti per il bene comune, aperto a nuove modalità che la situazione potrà richiedere.
La crisi globale che segna il nostro tempo, investe anche Modena e richiede in termini ancora più forti la relazione stretta tra “città e Chiesa”.
Vorrei concludere ripetendo oggi quanto affermai al mio ingresso a Cesena.
Della città la Chiesa custodisce la memoria: una memoria depositata nelle pietre dei suoi templi, che raccontano avvenimenti vissuti in comune, che hanno segnato un destino comune. Una memoria trasmessa dall’arte, da tante pagine gloriose di santità, di civiltà, di cultura, scritte in ogni comunità, anche nelle più piccole.
Della città la chiesa vuole abitare il presente: un presente complesso dai mille volti, anche contradditori, ora frettoloso, ora conflittuale, ora rassicurante e rasserenante ora angosciante, comunque sempre bisognoso di molteplici ascolti, di motivazioni che sostengano il vivere quotidiano e di dedizione alle persone.
L’oggi di Modena è anche l’oggi della Chiesa.
Della città la chiesa vuole sognare il futuro.
Modena viviamo insieme il presente per sognare insieme il futuro.
E’ l’augurio che faccio alla chiesa di Modena-Nonantola e alla città.

+ Antonio Lanfranchi


Modena, 14 marzo 2010

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