domenica 20 marzo 2011

Ambrosio: figli d'Italia è dono di Dio

Il vescovo Gianni Ambrosio è un piemontese e l'unità d'Italia la sente forse più d'altri. Così, nella messa per i 150 anni, ha tenuto una sorta di lezione di alta educazione civica: buoni cittadini si può essere se si osservano certe regole d'oro ma anche e soprattutto se ci si ricorda che la cittadinanza, l'appartenere ad un popolo con una storia e un volto comune, è una grazia di Dio.


«Nelle Sacre Scritture di oggi troviamo la lode e la gratitudine per i doni di Dio; tra questi anche la grazia di appartenere ad un popolo che ha una storia, un destino, un volto comune». Così il vescovo Gianni Ambrosio parla ai piacentini nella messa (ieri pomeriggio), in San Francesco, per i 150 anni dell'unità d'Italia. «In mezzo a tutte le difficoltà rendiamo grazie a Dio - dice il presule - per la nostra Italia, di cui siamo figli, e da cui deriva la nostra identità umana civile e religiosa. Siamo consapevoli, al di là di ogni retorica, che tutto questo è un dono». Ad ascoltare, nelle prime file, il sindaco Roberto Reggi (in fascia tricolore), l'assessore provinciale Paolo Passoni (in fascia azzurra), il prefetto Antonino Puglisi, il questore Calogero Germanà, il comandante provinciale dell'Arma, colonnello Paolo Rota Gelpi. Poi assessori e consiglieri comunali, rappresentanti delle forze armate e della società civile. Accanto al vescovo, il vicario episcopale per la città, monsignor Luigi Chiesa, e il parroco di San Francesco, don Giuseppe Frazzani.
«Siamo convinti, al di là di ogni presunzione e di ogni mancanza di memoria - ribadisce Ambrosio -, che essere figli di questa nostra Italia è una responsabilità bella, ma grande ed anche esigente. Con questa celebrazione invochiamo la grazia di essere più consapevoli del nostro essere figli dell'Italia, riconoscendo l'identità plurale e variegata, all'interno della grande famiglia dell'Europa e naturalmente di Dio». Il Vangelo si chiude con la regola d'oro: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi fatelo a loro". «E' la regola d'oro che ci tiene fuori - si augura il vescovo - da quell'individualismo ingannevole, dalla polemica estenuante, distruttrice e ci impegna per la vita buona che tutti desideriamo, per quel bene comune che dobbiamo perseguire per vivere bene».
fed. fri.


18/03/2011 Libertà

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