giovedì 20 settembre 2007

Monari e l'alluvione di Firenze

Monsignor Luciano Monari nel 1966 con giovani preti
del Collegio Lombardo passò una settimana
a Firenze a lavorare nelle abitazioni invase dall’Arno

Un’esperienza di solidarietà
Il vescovo Luciano Monari tra gli “angeli del fango”

Libertà, 5 novembre 2006

Così il vescovo Luciano Monari ricorda quel novembre del 1966 vissuto da “angelo del fango” in una Firenze ferita dalle acque. Quando lo raggiungiamo al telefono nel sacro silenzio del monastero di Santa Croce, a Bocca di Magra – dove ieri era impegnato a condurre degli esercizi spirituali –, quasi sorride e si commuove al tempo stesso. Non ne aveva mai parlato con nessuno. L’evento era finito al massimo su un’opuscolo realizzato per la sua ordinazione episcopale: poche righe finite nel dimenticatoio. Fino a quando, ieri mattina, il cardinale arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli, nell’omelia celebrata per il 40esimo anniversario dell’alluvione, ha svelato le presenze illustri. A Firenze, tra gli “angeli del fango”, c’era mezza dirigenza della CEI: il segretario generale Giuseppe Betori e il vice presidente Luciano Monari. Oltre al vescovo di Livorno, Diego Coletti, e a quello di Pistoia, Mansueto Bianchi. Monari era stato ordinato sacerdote un anno prima, il 20 giugno del 1965. Poi era stato mandato a studiare Sacre Scritture a Roma nel seminario Lombardo. Con il giovanissimo don Luciano c’erano anche don Betori, don Coletti ed altri preti novelli. L’attuale vescovo di Pistoia, monsignor Bianchi, studiava in un altro seminario. Rimasero molto colpiti dalle terribili notizie che giungevano da Firenze.
«È stata un’esperienza molto forte che mi ha arricchito come sacerdote. Ricordo che chiedemmo al rettore il permesso di andare ad aiutare quelle popolazioni per una settimana – ritorna con la memoria a quant’anni fa monsignor Monari –. Ci disse di sì e così ci trovammo ospitati nella parrocchia di Sesto Fiorentino. La nostra intenzione era quella di soccorrere gli alluvionati – spiega il vescovo – così non andammo con la Sovrintendenza ai beni artistici ma fummo dirottati nelle case dei fiorentini. Con il badile a liberare le abitazioni dal fango che aveva avvolto tutto. Una settimana passata a spalare nelle case vicino all’Arno – continua monsignor Monari –. Ricordo l’immagine del disastro, la potenza delle acque e del fango. Impressionante. Aveva spostato tutto: lavatrici, frigoriferi tutto quello che trovava davanti. È stata un’esperienza molto forte. Ancora: «Ricordo quando tornavamo in parrocchia la sera, stanchissimi, e dopo la doccia ci riunivamo in preghiera durante la Messa. È stata veramente un’esperienza arricchente: la sofferenza grande per la situazione ma anche un grande legame sorto tra di noi soccorritori e la contentezza di poter fare qualche cosa di utile. Anche se alla fine non abbiamo poi fatto nulla – osserva il vescovo con la consueta umiltà – abbiamo solo spostato delle cose e pulito via del fango». Il cardinale Antonelli, nella sua omelia, ha ieri mattina sottolineato come rimanga viva «la memoria delle forti energie morali e della splendida solidarietà che si svilupparono come risposta alle sfide della calamità naturale». «È vero – evidenzia Monari – la gente ci accolse molto bene, fraternamente e con affetto. La c’eravamo proprio tutti, di tutti i colori possibili».
Federico Frighi

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